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Russia. “Lupo Polare”: ecco la colonia penale artica dov'è morto Navalny

venerdì 16 febbraio 2024

Navalny nella colonia penale n. 2 nella regione di Vladimir partecipa da remoto a un processo a Mosca nel maggio 2022

"Lupo Polare": è il nome della colonia penale n. 3 nell'Artico russo dove Aleksei Navalny era stato trasferito lo scorso dicembre. Il centro di reclusione, tra i più duri del sistema carcerario della Federazione, si trova a Kharp, nella regione autonoma di Yamalo-Nenetsk, a quasi 2 mila km da Mosca, nota per gli inverni lunghi e rigidi. La città è vicino a Vorkuta, le cui miniere di carbone erano tra le più dure nel sistema di gulag sovietici.

L'oppositore morto oggi in prigionia, acerrimo nemico del capo del Cremlino Vladimir Putin, veniva costantemente messo nella cella di punizione, per i più futili motivi. Come riporta Meduza, sito investigativo di informazione sulla Russia, il 14 febbraio, appena tre giorni dopo esserne uscito, era stato nuovamente spedito in isolamento per 15 giorni: era la 27esima volta, comprese le 23 precedenti nella colonia penale n. 6 nel villaggio di Melekhovo nella regione di Vladimir, dove si trovava prima del trasferimento.

Secondo Navalny, la routine quotidiana nella cella di punizione era diversa: non poteva fare la passeggiata all'aperto nel pomeriggio, quando la temperatura è un po' più clemente, ma doveva farla la mattina presto, quando il freddo e' rigidissimo. «Poche cose sono così tonificanti come una passeggiata a Yamal alle 6.30 del mattino. E che bella brezza fresca soffia nel cortile, nonostante la recinzione di cemento, semplicemente wow!», aveva scritto, ironizzando. L'angusto cortile dove è costretto a passeggiare misura 11 passi in lunghezza e 3 in larghezza: «Non c'è molto da camminare, ma almeno è qualcosa, quindi vado a fare una passeggiata», aveva sottolineato lo scorso 9 gennaio, postando una foto.

Simili colonie penali sono diverse anche da quelle di massima sicurezza per il numero ridotto di visite, il numero di pacchi che un detenuto può ricevere e per la quantità di denaro che può spendere. Condizioni durissime tanto che, per un avvocato per i diritti umani, il regime speciale è paragonabile a una tortura legalizzata.