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La censura. La Cina ha un problema con gli autori taiwanesi

Luca Miele martedì 12 novembre 2024

Pechino esercita un ferreo controllo su tutto ciò che viene pubblicato nel Paese

Sospinti in un limbo, anestetizzati in un’attesa indefinita. Gli scrittori di Taiwan non riescono più ad accedere la mercato dei libri in Cina. La strada è sbarrata da una norma dell'organismo che si occupa nel gigante asiatico della censura editoriale, la National Press and Publication Administration (Nppa). Nel 2019 La Nppa ha stabilito che tutti i libri che "riflettono gli affari economici, politici, storici, culturali e sociali di Taiwan" costituiscono "argomenti delicati", e quindi richiedono “un'approvazione aggiuntiva per la pubblicazione”. Risultato? Nell’imbuto della censura cinese sono finite anche opere che prima non venivano considerate “sensibili”.

Come ammettono gli stessi editori, “il processo di approvazione può ora richiedere anni o addirittura essere indefinito”. Per il South China Morning Post, le maglie della censura si sono ulteriormente strette dopo la visita a Taiwan dell'ex presidente della Camera degli Stati Uniti Nancy Pelosi nell'agosto 2022 che ha innescato un vero e proprio fuoco incrociato di accuse tra Pechino, Washington e Taipei. L’aumento delle tensioni attorno all’isola ribelle, con tanto di continue esercitazioni militari cinesi, non ha certo reso più facile la vita agli scrittori taiwanesi. “Pubblicare nuovi libri di autori taiwanesi – scrive il quotidiano di Hong Kong - è diventato oggi ancora più problematico”. Non solo: il giro di vite ha “avuto un impatto significativo anche su tutti i libri che menzionano la storia e l'attualità di Taiwan, anche se non sono stati scritti da autori taiwanesi”.

Secondo il South China Morning Post, nei tre anni precedenti la revisione del 2019 sono stati pubblicati almeno 70 libri taiwanesi nella Cina continentale. Il numero è sceso a 26 tra l'introduzione delle nuove normative e l'agosto 2022. Infine solo quattro opere di letteratura taiwanese sono state pubblicate dal viaggio di Pelosi del 2022. E quest'anno? Una sola.

Il Partito Comunista Cinese ha esercitato il controllo su tutte le pubblicazioni sin dalla fondazione della Repubblica Popolare Cinese nel 1949. Nella tenaglia del controllo statale sono finiti libri, media e il mare magnum di Internet. Con l’ascesa al potere nel 2012 del presidente Xi Jinping, la censura si è ulteriormente intensificata: per l’uomo forte di Pechino, che non ha mai nascosto di temere il “contagio” e la “corruzione” delle idee occidentali, il crollo dell'Unione Sovietica è avvenuto sotto i colpi del "nichilismo storico". Tutto ciò che è straniero deve essere quindi "filtrato". Negli ultimi anni, una serie di nuove leggi sulla sicurezza nazionale e anti-spionaggio ha reso (quasi) impossibile agli studiosi cinesi di accedere a materiali “non ufficiali”.