Myanmar. La Chiesa birmana e il «potere della riconciliazione»
Il cardinale Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon e presidente della Conferenza episcopale birmana
Erano i giorni (27-30 novembre 2017), insieme gioiosi e tesi della visita del Papa in Myanmar, vissuti anche sullo sfondo della tragedia che si era appena consumata contro i musulmani Rohingya, verso i quali le forze armate, senza apparente controllo da parte del potere civile, portavano alla soglia del completamento il loro progetto genocida. Associando in questo gli estremisti buddhisti e i nazionalisti e acuendo così anche le tensioni all'interno del Paese e le difficoltà imposte sulla leadership politica. Negli incontri con esponenti della Chiesa birmana, emergeva già allora con chiarezza che il governo guidato dalla Lega nazionale per la democrazia, con un ruolo centrale della Premio Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi, che solo due anni prima aveva vinto le prime elezioni democratiche del Myanmar dopo mezzo secolo di dittatura feroce, aveva come sola alternativa un colpo di mano delle forze armate. Proprio il comandante in capo, generale Min Aung Hlain, oggi a capo della giunta golpista, papa Francesco aveva incontrato, primo tra i leader birmani, lanciando un messaggio di riconciliazione e di pace, due obiettivi a cui i cattolici, 650mila su 55 milioni di abitanti, hanno dato fino ad oggi un sincero contributo.
Il potere della riconciliazione
La Chiesa birmana, emersa da una condizione di persecuzione che ha anche ragione nel suo essere una Chiesa con una forte base tra le minoranze etniche a loro volta oggetto di conflitti e rappresaglie, finalmente libera dai bavagli imposti sulle religioni da una serie di regimi formalmente di ispirazione socialista ma in realtà soprattutto autoreferenziali, ha sempre chiamato alla pazienza e alla tolleranza nei momenti di crisi e lo stesso ha fatto ancora domenica l'arcivescovo di Yangon e presidente della Conferenza episcopale, il cardinale Charles Maung Bo. Una esortazione carica di significato nella seconda domenica di Quaresima che è stata la giornata più sanguinosa dal golpe del 1° febbraio. «Continuiamo a credere nel potere dell'amore e della riconciliazione - ha esortato nell'omelia -. L'ho ripetuto tante volte: l'odio non scaccia mai l'odio: solo amore. L'oscurità non vince mai l'oscurità; solo la luce può dissipare le tenebre. La logica dell'occhio per occhio rende cieco il mondo». Sollecitazioni che, come altre, ha rilanciato su Twitter. «Oggi, la rivolta è stata grave a livello nazionale», ha scritto il cardinale. «La polizia sta arrestando, picchiando e persino sparando alle persone. In lacrime, suor Ann Nu Thawng implora e ferma la polizia affinché smetta di arrestare i manifestanti». Il riferimento è alla suora missionaria di San Francesco Saverio che a Myitkyina, capitale dello Stato Kachin si è inginocchiata davanti alla polizia antisommossa in un atto di alto significato simbolico