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Libano. La caccia a Beirut all’erede di Nasrallah: 73 tonnellate di bombe in una notte

Luca Geronico venerdì 4 ottobre 2024

I soccorritori tra le macerie del quartiere di Mraijeh a Beirut in cui opera Hezbollah

È stata, per Beirut, la notte più lunga dall’inizio dei raid israeliani. Undici attacchi consecutivi prima dell’alba, con un solo e preciso obiettivo nel quartiere Mraijeh, nel sud della capitale libanese: l’aeronautica israeliana ha infatti sganciato 73 tonnellate di esplosivo sul «principale quartier generale» dell’intelligence di Hezbollah. Secondo il New York Times l'obiettivo era Hashem Safieddin, il capo del consiglio esecutivo di Hezbollah, indicato da tutti come il probabile successore di Nasrallah.

Nel bunker di al-Marija, secondo i media locali, era in corso un vertice della leadership di Hezbollah ormai decimata dai raid israeliani. La stessa Hezbollah, a metà mattina, ha affermato a L’Orient-Le Jour di «non avere ancora alcuna informazione» sulla sorte di Hashem Safieddin. A sera, però, l’esercito israeliano fa sapere che Hashem Safieddin sarebbe morto.

Poco prima che nel pomeriggio i jet di Tel Aviv riprendessero a martellare sulla Dahiyeh – la periferia sud di Beirut – l’esercito israeliano ha invece annunciato di avere «eliminato» Mohammad Rashid Sakafi, dal 2.000 responsabile delle reti di comunicazione di Hezbollah. Un altro “omicidio mirato” di un esponente di alto livello: da quando martedì Israele ha intensificato i raid sul Libano, sempre secondo le forze armate israeliane, sono in tutto 250 i militanti di Hamas uccisi. Dal 7 ottobre, secondo il governo libanese, più di 2.000 persone sono state uccise nei combattimenti tra Israele ed Hezbollah.

Si combatte, intanto, anche nel Sud del Libano: sempre ieri tre ospedali, compreso uno nella periferia a sud di Beirut, hanno annunciato la sospensione della loro attività a causa degli attacchi israeliani. In particolare è l'ospedale Sainte Thérèse, vicino alla periferia meridionale della capitale libanese, ad annunciare di essere costretto a cessare i suoi servizi a causa degli attacchi israeliani. È di almeno 11 vittime il bilancio del raid condotto con droni israeliani in cui è stata colpita anche un'ambulanza del Comitato sanitario islamico. Avvisaglie, probabilmente, di un nuovo fronte che si sta aprendo: di primo mattino l’esercito israeliano segnalava una raffica di 20 razzi lanciati dal Libano verso l'area di Haifa mentre altri razzi erano lanciati verso la Galilea. A sera era invece Hezbollah che annunciava di aver bombardato la base israeliana di Nafah, nel Nord di Israele, prendendo di mira un gruppo di soldati israeliani nelle vicinanze di un sito militare nel nord di Israele. Le forze israeliane, sempre secondo Hezbollah, sono state colpite pure da missili nella pianura di Maroun al-Ras, nel sud del Libano.

Ma è soprattutto l’ordine di evacuazione di 35 villaggi a Sud del Libano da parte di Tzahal – l’esercito israeliano – a destare l’allarme fra la popolazione per una possibile imminente escalation. L'esercito israeliano ha infatti chiesto ai civili libanesi di evacuare immediatamente e dirigersi a nord del fiume Awali. «L’attività di Hezbollah costringe l’esercito israeliano ad agire contro di essa. L’esercito non desidera farvi del male», ha affermato il colonnello Avichay Adraee. «Per la vostra sicurezza, dovete evacuare immediatamente le vostre case» perché chiunque si trovi vicino a uomini o a strutture di Hezbollah «si mette a rischio», ha spiegato il portavoce dell’esercito israeliano in lingua araba.

Compresi nell’ordine di evacuazione pure due villaggi cristiani: Klaia, 6000 abitanti quasi tutti maroniti e Deir Mimas, 4000 abitanti greco-ortodossi, melchiti, maroniti. Il parroco di Klaia, padre Pierre al-Rahi, ha invitato la popolazione del villaggio a non abbandonare la località: «Siamo cittadini pacifici, non ci sono qui installazioni militari. La nostra decisione definitiva è quella di proteggere la nostra zona e garantire che non entrino armi», ha affermato. Sempre ieri due missili hanno colpito Rmeish, località maronita a un solo chilometro dalla Linea Blu. Il parroco Najib al-Amil aveva affermato di aver avuto rassicurazioni circa l'incolumità della popolazione.

Nei giorni scorsi l’esercito israeliano aveva già chiesto l’evacuazione di decine di località nel Libano meridionale, comprese quelle a nord del fiume Litani. L’obiettivo è di consentire agi sfollati israeliani di poter rientrare in sicurezza nei loro kibbutz a Nord di Israele: una operazione per cui , afferma sempre l’esercito israeliano, ci vorranno diverse settimane. Questo mentre sempre le forze armate israeliane hanno chiesto al contingente Unifil – ottenendo un rifiuto – di lasciare alcune postazioni vicino al confine.

Situazione che aggrava l’emergenza umanitaria: la maggior parte dei quasi 900 rifugi per sfollati, dichiara l’Unhcr, «non hanno più capienza» mentre sono 300mila i profughi, la maggior parte delle quali siriane, che hanno attraversato il confine dal Libano diretti in Siria. Infine la guerra prosegue anche nella Striscia di Gaza dove 29 persone sono morte a causa dei bombardamenti israeliani.