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Verso il referendum del 23 giugno. La Brexit «vola». E adesso fa paura

Elisabetta Del Soldato domenica 12 giugno 2016
C’è tensione a Westminster, una tensione che si taglia col coltello, scriveva ieri il quotidiano The Guardian a undici giorni dal referendum sull’appartenenza all’Europa che si terrà in Gran Bretagna il 23 giugno. Gli ultimi sondaggi non sono favorevoli a chi vorrebbe una Gran Bretagna all’interno dell’Europa e rispecchiano perfettamente i sentimenti che attraversano i due campi: l’euforia in quello del Brexit e la paura in quello del Remain. I britannici che vogliono dire addio al Continente, secondo una recente indagine dell’Independent, stanno aumentando a vista d’occhio e se solo un paio di settimane fa erano in netta minoranza oggi possono vantare di un vantaggio di ben dieci punti. Secondo la rilevazione, il fronte del Brexit arriverebbe al 55 per cento degli elettori (il 4 per cento in più rispetto allo scorso mese di aprile), contro il 45 per cento di avviso contrario: il dato è relativo all’ipotesi di un’alta affluenza, ma anche tenendo conto di questo effetto i favorevoli ad un’uscita dall’unione sarebbero oggi il 53 per cento. L’umiliazione per il premier David Cameron, che ha giocato tutto su questo referendum, sarebbe grande. C’è già chi ha previsto che se vincerà il fronte Brexit Cameron sarà costretto a lasciare Downing Street già a Natale, quando invece il suo mandato scade nel 2020. E venerdì lo scherno dei colleghi che lo hanno messo sotto torchio ai Comuni, dicendogli che non c’è niente, una volta lasciato il timone, per cui sarà ricordato, è stato particolarmente umiliante. «Certo che sono preoccupato – ha ammesso ieri mattina a un evento organizzato dal fronte Remain – sono così preoccupato che spesso non dormo la notte». Il suo incubo ricorrente, paradossalmente, è popolato da un uomo del suo stesso partito, l’ex sindaco di Londra e leader della campagna Brexit Boris Johnson. «Se Cameron vuole vincere il referendum – spiega Oscar Lerche, professore di Politica Comparata dell’università dell’Essex – deve prima di tutto sconfiggere il suo rivale numero uno. E non è un caso che negli ultimi giorni, visto come tira il vento, il premier abbia deciso di cambiare strategia e dare ascolto a un gruppo di consulenti che gli hanno consigliato di attaccare Johnson. In questo momento Cameron crede che l’unico modo per riguadagnare il terreno sia minare il terreno su cui cammina Johnson accusandolo di essersi schierato a favore della Brexit solo per accaparrarsi la poltrona di premier». Non è infatti un caso, secondo Lerche, che pochi giorni fa il ministro dell’Energia Amber Rudd abbia accusato Johnson di pensare solo alla sua carriera. «Credo che il fronte Remain – aggiunge Lerche – abbia ancora buone possibilità di farcela ma è ormai ovvio che se la Gran Bretagna dovesse lasciare l’Europa la carriera di Cameron sarebbe finita».  In soccorso del premier sono giunti in questi giorni molti esponenti del mondo scientifico e accademico britannico. Ieri tredici premi Nobel britannici, tra cui Paul Higgs, il padre del celebre  «bosone», hanno scritto una lettera sul Daily Telegraph avvertendo che lasciare l’Ue potrebbe «mettere a serio rischio la scienza e la ricerca del Regno Unito». Contemporaneamente, sul Times anche un gruppo di medici del Great Ormond Street, il famoso ospedale pediatrico di Londra, ha lanciato lo stesso avvertimento scendendo in campo per scongiurare il pericolo Brexit. Anche il resto del mondo ha il fiato sospeso. La rivista tedesca  Der Spiegel sull’ultima  copertina, indirizzata ai britannici, titola: «Please, dont’ go», «Per favore non andatevene ». Mentre il ministro degli Esteri svedese Margot Wallstrom ha sottolineato il rischio di una disintegrazione dell’Europa. «Se la Gran Bretagna decide di lasciare – ha detto – è molto probabile che altri Paesi dell’Unione seguiranno il suo esempio».