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L'ANNIVERSARIO. L’11 settembre di Obama: «La religione non ci dividerà»

Loretta Bricchi Lee sabato 11 settembre 2010
«Nessuno riuscirà a farci del male con divisioni basate su differenze religiose o etniche» perché l’America «è una nazione unita» anche se «composta da persone che danno a Dio nomi diversi». Ieri, alla vigilia del nono anniversario del peggiore attentato terroristico sul suolo americano, il presidente Barack Obama ha fatto appello alla tolleranza, sottolineando che oggi «sarà un’ottima occasione per ricordare il rispetto fra tutte le religioni che caratterizza l’America». Secondo il capo della Casa Bianca, questo 11 settembre dovrà essere «una giornata di servizio e memoria», per «servire i propri concittadini e ravvivare lo spirito di unità sentito subito dopo gli attacchi» del 2001, così che le celebrazioni di oggi commemorino anche «i solidi valori e lo spirito tenace» del Paese. Un appello più che mai necessario. L’11 settembre verrà infatti commemorato, come sempre dal 2001, da servizi e preghiere a ricordo delle quasi tremila vittime dei attentati. Questa volta, però, la solennità dell’anniversario sarà macchiata dalle proteste e dalla diatriba politica che circondano la proposta di costruire un centro islamico a due passi da dove sorgevano le Torri gemelle e l’appello del pastore della Florida di ricordare la tragedia bruciando copie del Corano. «Spero che chi l’ha proposto ci preghi sopra e cambi idea», ha sottolineato Obama riferendosi proprio al reverendo Terry Jones e spiegando che «l’idea di distruggere il testo sacro della religione di qualcun altro è contrario ai principi della nazione». Gli Stati Uniti, infatti, «non sono mai stati in guerra con l’islam, ma con i terroristi di al-Qaeda» – e catturare o uccidere Osama Benladen rimane «una delle priorità dell’Amministrazione» – ha rassicurato il presidente. Bruciare il Corano è pertanto «il migliore regalo che si potesse fare a al-Qaeda, il migliore mezzo per ingrossare le sue fila». Un rischio che mette a repentaglio non solo le truppe americane. I terroristi, ha infatti ricordato Obama, «hanno fatto molte più vittime tra i musulmani». Ed è proprio la comunità islamica di New York ad aver accolto per prima l’appello di tolleranza del presidente, organizzando per ieri sera nei pressi di Ground Zero una veglia in memoria dei caduti dell’11 settembre. «Vogliamo riunirci per esprimere il sostegno ai valori americani ancorati nella Costituzione, come la libertà religiosa», ma anche «nella commemorazione delle vittime» ha dichiarato Feisal Abdul Rauf, l’imam che sta promuovendo la costruzione della controversa moschea a soli due isolati da dove sorgevano le torri gemelle. La veglia si prevedeva quindi pacifica, senza striscioni di protesta – solo candele, abiti bianchi e bandiere a stelle e strisce. In dubbio, però, quale sarà la risposta di chi si oppone al centro Cordoba. Oggi, tutta America – e gran parte del mondo – manterrà un minuto di silenzio, fermandosi nel momento esatto in cui, nove anni fa, i quattro aerei dirottati dai terroristi si schiantarono sul World Trade Center, sul Pentagono a Washington e nella campagna della Pennsylvania. Nei luoghi degli attentati si ricorderanno i morti e gli eroi di quel giorno: il capo della Casa Bianca deporrà una corona di fiori al Pentagono; la moglie Michelle insieme con l’ex first lady Laura Bush parteciperanno alle cerimonie commemorative in Pennsylvania, mentre il vicepresidente Usa, Joe Biden si recherà a New York dove ancora quest’anno i nomi delle vittime saranno letti nei pressi di Ground Zero: il tutto in attesa che la costruzione del memoriale venga completata in tempo per il decimo anniversario e le famiglie dei caduti possano tornare a pregare là dove i propri cari hanno perso la vita. Molti, però – tra cui anche chi venne colpito direttamente dagli attentati – si troveranno sul lato opposto dello Zuccotti Park a protestare contro la moschea per «fare in modo che il luogo sacro venga rispettato per sempre».