Guerra. L’Ucraina è stanca della caccia alle reclute. Il fronte fa sempre più paura
L'abbraccio dei militari ucraini in partenza per il fronte alle loro mogli
«Ragazzi, ma cosa state facendo? Non ce l’avete una coscienza?». La donna di mezz’età urla nell’autobus affollato che è stato appena fermato a Odessa. I destinatari della sua invettiva non sono teppisti o scippatori, ma due uomini in mimetica che stanno trascinando a forza un giovane fuori dal mezzo. A lui hanno appena chiesto i documenti, come mostra un video diventato virale sul web. Un gesto che provoca la reazione dei passeggeri. Perché tutti sanno che non si tratta di un controllo ordinario. Anche se non c’è scritto sulla divisa, i due agenti sono il volto di una sigla che negli ultimi mesi sta facendo tremare l’Ucraina: il Tcc. Acronimo sulla bocca di tutta la nazione che sta per “Centro di reclutamento territoriale”. È quella schiera indefinita di “buttadentro nell’esercito” che non sono né poliziotti né militari (ma spesso si tratta di ex soldati) e che hanno un compito: inviare gli uomini al fronte. Senza andare troppo per il sottile. Soprattutto quando una fetta sempre maggiore della popolazione non se la sente più di imbracciare un’arma e trovarsi in trincea.
Un soldato di vedetta in prima linea vicino alla cittadina di Kreminna nell'Ucraina orientale - Reuters
È uno degli effetti della strategia di logoramento su cui punta la Russia a due anni dall’inizio della guerra. La stasi sui campi di battaglia, gli scarsi esiti della controffensiva lanciata a primavera, il numero crescente di morti al fronte, i terribili segnali di nuove avanzate russe, l’assenza di una prospettiva reale di riconquistare le regioni occupate, la corruzione che dilaga insieme con l’idea che i potenti sfuggano alla leva hanno spento l’entusiasmo di indossare la divisa. E si sta imponendo la «guerra dal salotto di casa», come alcuni generali l’hanno definita sulla stampa ucraina: il Paese sostiene l’esercito che lo sta difendendo, partecipa a collette per i soldati, acquista auto e droni da consegnare ai battaglioni, ma diventa sordo alla chiamata alle armi. Senza più nascondersi. «Nessuno dovrebbe essere obbligato a combattere. Avessi la possibilità, non lo permetterei», scrive il noto blogger Oleksandr Voloshy.
I mezzi militari esposti nel centro di Kiev - Gambassi
Ad alimentare le tensioni contribuisce il giro di vite sulla “divisa imposta”: sia con le azioni aggressive dei reclutatori pubblici, sia con la nuova mobilitazione. E sono state proprio le future regole sulla coscrizione uno dei terreni di scontro fra il presidente Volodymyr Zelensky e il generale Valery Zaluzhny, il carismatico capo di Stato maggiore licenziato giovedì. Amato dall’opinione pubblica con oltre l'80% dei consensi, ma soprattutto nelle forze armate che reclamano innesti fra le fila dell’esercito, Zaluzhny è stato la mente della richiesta di 500mila nuovi uomini che il leader ucraino ha annunciato a dicembre. Una cifra che si è trasformata in incubo per la nazione quando ha fatto da base al progetto di legge presentato il giorno di Natale e firmato da Zaluzhny in persona. Disposizioni che sono state ritirate l’11 gennaio dopo la pioggia di critiche e i timori di incostituzionalità.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky stringe la mano al generale Valery Zaluzhny, rimosso dalla guida delle forze armate - Ansa
Risultato? Zelensky, per non finire nel tritacarne dell’impopolarità, ha cancellato ogni riferimento numerico dal pacchetto legislativo ripresentato in Parlamento e appena approvato in prima lettura. «Serve una legge completa ed equa», ha spiegato. E ha chiarito di non ritenere «necessaria la quota del mezzo milione. Non perché voglio compiacere qualcuno». Ma in questo modo il presidente è venuto incontro sia al malcontento della gente, sia alla rabbia delle aziende che, secondo la Confederazione dei datori di lavori, hanno perso 781mila uomini per la coscrizione e soffrono per l’assenza di personale specializzato inviato in trincea. «O si combatte o si lavora», ha sentenziato il capo dello Stato per placare gli animi. «La mobilitazione non piace agli elettori di Zelensky - dice il politologo Viktor Bobirenko -. Ma è una decisione inevitabile. Perciò il presidente intende farla passare non come una sua iniziativa».
Un soldato di fronte a un carro armato ucraino vicino a Bakhmut nella regione di Donetsk - Ansa
Nella legge al vaglio della Camera la stretta rimane: età di ingaggio abbassata da 27 a 25 anni; tre mesi di addestramento per i ragazzi dai 18 ai 25 anni; la cartolina inviata anche per mail; donne medico o paramedico fra i possibili arruolati; ipotesi di far partire i detenuti. Ma non ci sarà un’altra opzione caldeggiata da Zaluzhny: la partenza degli “idonei parziali”, ossia quelli con disabilità e malattie. Poi la risposta a chi accusa i vertici militari di mandare subito in battaglia i neo-arrivati: l’addestramento durerà fra i due e i tre mesi. Non mancano i punti controversi. A cominciare dalle sanzioni per i disertori che si ritroveranno senza auto e soldi: infatti scatterà lo stop alla patente e ai conti correnti. Ma il commissario per i diritti, Dmytro Lubinets, fa sapere che «non possono essere le forze armate a limitare le libertà». E la stampa paventa che i possibili disertori trasferiranno soldi e proprietà ai parenti per aggirare il blocco economico. Poi c’è la rivolta dei dottorandi nelle università che hanno lanciato una petizione perché non saranno più esentati.
Le trincee ucraine nell'Ucraina orientale - Reuters
Sono 700mila i soldati che hanno bisogno di essere sostituiti. «E non ci sono più volontari», racconta Kum, militare che in due anni ha avuto solo 12 giorni di permesso. «Oggi il peso della guerra grava sui “nati nell’Unione Sovietica”, ossia sui 40-50enni - afferma l’ex comandante Yevhen Dykiy -. I giovani sabotano la mobilitazione». E fra i generali chi c’è vorrebbe che l’arruolamento scattasse già a 22 anni, ma anche che ci fosse il rimpatrio dei profughi all’estero. Le nuove norme bloccheranno i servizi consolari per i “fuggiaschi”. Però «l’evasione alla leva non è motivo di estradizione», ha comunicato la Germania. Più aperturiste Lettonia e Polonia che si dicono disponibili a «individuare le condizioni di rientro come forma di sostegno a Kiev».
A Maidan, piazza principale di Kiev, le bandiere in memoria dei soldati caduti in battaglia - Gambassi
Certo, la caccia ai “nuovi soldati” turba il Paese. Si viene fermati e precettati al ristorante, in fabbrica, in palestra. Anche sulle piste da sci della Transcarpazia. O alle frontiere dove sono comparsi posti di blocco per assoldare i conducenti: così è scattata le protesta dell’European Business Association che parla di «panico fra gli autotrasportatori» e di «commesse internazionali a rischio». Per sfuggire ai blitz sono state create reti clandestine che segnalano i movimenti degli agenti, come quella su Telegram con 20mila iscritti scoperta a Cherkasy che monitorava le indagini nei pub. I metodi dei Tcc sono finiti nel mirino. Lo testimonia la denuncia del cantante della band “Intermezzo”, Volodymyr Bilyk, che ha raccontato di essere stato rapito e picchiato in pieno giorno a Chernivtsi dai dipendenti del Tcc. E il blogger Andry Smoliy ha postato il filmato di un uomo costretto a salire su un’auto dei centri di reclutamento. Lo stesso Zelensky ha preso le distanze: «Nessuno dovrebbe essere catturato mentre è in giro».
Le guardie di frontiera arrestano due uomini che stavano cercando di andare all'estero per sfuggire all'arruolamento - Telegram
Il «clima di terrore per le strade», almeno stando alle parole di un deputato, ha fatto scomparire gli uomini dai posti di lavoro e dai luoghi pubblici. Secondo il presidente della Commissione affari economici del Parlamento, Dmytro Natalukha, tre milioni di adulti «in età di leva» hanno fatto perdere le tracce: «Non sono all’estero, non studiano, non lavorano. Non abbiamo più informazioni su di loro». E si moltiplicano i casi di diserzione o mazzette per venire esonerati. Sono 9mila i procedimenti penali già aperti - che si potranno concludere con condanne fino a tre anni - cui si aggiungono 2mila denunce che arriveranno presto nei tribunali, stando ai dati del ministero dell'Interno. Come la vicenda di un giudice che ha aiutato più di mille persone a sottrarsi alla mobilitazione. O quella delle guardie di frontiera che hanno salvato dall’annegamento e poi arrestato un uomo che tentava di varcare il fiume Tibisco per raggiungere la Romania. Un fiume diventato cimitero: sono 19 i morti nelle sue acque pur di lasciarsi alle spalle la guerra e l’arruolamento.