L'iniziativa. Bielorussia, lo sforzo per la pace parte dai bambini
L'incontro con il Papa dei dirigenti del Fondo bielorusso
Il bisogno di pace lo leggi negli occhi dei piccoli. Bambini impauriti dalla guerra, bambini con poche possibilità di curarsi, bambini costretti all’isolamento. Bambini che hanno disegnato e colorato le chiese e i monasteri della Bielorussia in un libro, quasi un album artistico, che ha in copertina una colomba bianca dalle ali spiegate. Maxim Vladimirovich Misko spiega il volume mentre racconta il suo viaggio a Roma. Dal 2015 è presidente del Consiglio di amministrazione del Fondo della pace della Bielorussia, un’organizzazione pubblica ecumenica e interreligiosa che riunisce 146 strutture per un totale di oltre 200mila membri sostenuti da più di un milione di volontari. «L’organismo è nato nel 1961 come Fondo sovietico per la pace – spiega Misko -, dal cui ramo locale è stato istituito nel 1991 il Fondo bielorusso. Fanno parte del nostro board leader delle diverse confessioni cristiane (tra cui l’arcivescovo metropolita di Minsk-Mogilev monsignor Joseph Stanevskij ndr) della comunità islamica e di quella ebraica nonché rappresentanti delle diverse minoranze ed esponenti del mondo dell’arte, della cultura e dello sport. Siamo una realtà apolitica, non riceviamo contributi statali».
Una delle pagine più drammatiche nella storia della fondazione è stata scritta all’indomani della tragedia di Chernobyl dove il 26 aprile 1986 l’esplosione del reattore 4 della centrale atomica provocò almeno 4mila morti (fonti Onu) e 116mila sfollati, senza dimenticare i danni provocati all’ambiente. Per fronteggiare l’emergenza e sostenere la rinascita, il Fondo, continua Misko, ha favorito l’assistenza ospedaliera «anche con l’opera di medici giapponesi specializzati nella cura degli effetti delle radiazioni, ha distribuito dosimetri, soprattutto ha coinvolto numerose organizzazioni umanitarie» di molti altri Paesi favorendo l’arrivo di beni necessari alla vita quotidiana. Al centro dell’attenzione, i bambini. «Il Fondo – spiega Misko – ha promosso la riabilitazione all’estero di migliaia di piccoli bielorussi molti dei quali, rimasti orfani, sono stati adottati». L’Italia è stata la Nazione più impegnata in questo ponte di solidarietà. «Anche grazie al ruolo fondamentale della Chiesa cattolica, il vostro Paese ha accolto il maggior numero di bambini. Un impegno proseguito da allora ogni estate con i piccoli ospitati per alcune settimane in un ambiente sano e accogliente. «Oggi il ponte è interrotto», denuncia Misko. Prima c’è stato Il Covid, poi le sanzioni alla Bielorussia per la violazione dei diritti umani di cui è accusato il presidente Lukashenko e per il sostegno all’intervento russo in Ucraina. «Le restrizioni penalizzano i poveri, i bisognosi, non i ricchi e i potenti. Noi speriamo che i viaggi estivi dei bambini possano riprendere, so che anche gli italiani lo desiderano». L’auspicio è stato rilanciato lo scorso 27 novembre nell’incontro con il Papa cui è stato spiegato l’impegno del Fondo. «Sappiamo che lui tiene molto ai bambini. Noi vogliamo rafforzare i rapporti tra i nostri popoli».
Maxim Vladimirovich Misko - Maccioni
In parallelo all’azione umanitaria c’è la volontà di ricostruire la chiesa di Sant’Antonio di Padova a Vitebsk. A Roma il progetto, in fase avanzata, è stato presentato da Sergey Ivanovich Podgaisky a sua volta membro del Consiglio del Fondo. Più volte incendiata nel XVIII secolo e smantellata nel 1961, Sant’Antonio dovrebbe costituire insieme al municipio e all’altra chiesa, della Risurrezione, il cuore barocco di Vitebsk, centro sulle rive della Dvina Occidentale. E chissà che presto non diventi una pagina nuova del libro disegnato dai bambini.