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Guerra in Ucraina. Dopo Zelensky, adesso anche Putin apre al dialogo. Svolta vicina?

Nello Scavo martedì 16 luglio 2024

Il presidente russo Vladimir Putin

Nei retrobottega della diplomazia qualcosa si muove. Dopo il tentato omicidio di Donald Trump preceduto dagli sprezzanti reciproci giudizi tra il presidente Biden e Vladimir Putin, il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, lancia un messaggio neanche troppo in codice: «Non crediamo che il tentativo di eliminare e assassinare Trump sia stato organizzato dalle autorità attuali», ha dichiarato. Aggiungendo però che il movente è da trovare «nell’atmosfera intorno al candidato Trump, che ha provocato ciò che l’America sta affrontando oggi».

Di certo Biden non voleva l’assassinio di Trump, sembrano dire da Mosca, sottraendo argomenti anche alla propaganda russa, tuttavia «dopo numerosi tentativi di rimuovere il candidato Trump dall’arena politica, utilizzando strumenti legali, i tribunali, i pubblici ministeri, i tentativi di screditare politicamente e compromettere il candidato – ha aggiunto Peskov – era ovvio a tutti gli osservatori esterni che la sua vita era in pericolo».

Una mossa in favore di Trump è però arrivata da Putin in persona, che ha voluto smentire chi sostiene che “The Donald” sia in fondo un suo alleato, vista anche l’estemporanea diplomazia personale del presidente di turno Ue, il premier ungherese Orbán, ben accolto sia da Putin che da Trump. «L’esito delle elezioni presidenziali statunitensi – ha detto il leader russo – difficilmente cambierà qualcosa per la Russia», anzi la presidenza di Trump «ha danneggiato le relazioni tra Stati Uniti e Russia».

Il punto di caduta è, però, il destino dell’Ucraina. Trump si è astenuto dal rispondere a una domanda dell’agenzia di stampa russa Tass che gli chiedeva della sua disponibilità ad avviare trattative con il presidente Putin. Ad alimentare le speculazioni è una lettera el premier ungherese Orbán al presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, in cui sostiene che Donald Trump ha un piano «dettagliato e con basi solide» per la pace fra Kiev e Mosca. Nel caso di una «probabile» vittoria di Trump il 5 novembre prossimo, l’Ue deve riaprire «linee di comunicazione diplomatica dirette» con la Russia e avviare «colloqui di alto livello» con la Cina, scrive il premier ungherese che prima del suo viaggio negli Usa era stato, oltre che a Kiev, anche a Mosca e Pechino. A determinare la fine del conflitto, secondo Orbán sarà la politica del tycoon.

«Nel caso di una probabile vittoria di Trump la proporzione del peso finanziario fra gli Usa e l’Ue – avverte il premier ungherese – cambierà significativamente a svantaggio dell’Ue sul fronte degli aiuti all’Ucraina». Di conseguenza «l’intensità del conflitto militare aumenterà radicalmente nel prossimo futuro», come è emerso nei suoi colloqui con Zelensky, Putin e Xi.

Non è detto che Mosca voglia affidare il proprio destino alla mediazione della presidenza Usa, riconoscendo agli States un ruolo di “pacificatore” che poco si addice alla retorica di Putin. E per la prima volta, dopo che il presidente ucraino Zelensky ha paventato la possibilità di invitare Mosca a un nuovo vertice per la pace, dopo quello in Svizzera, dal Cremlino non hanno chiuso le porte a priori. «Il primo summit di pace non era affatto un summit di pace, quindi bisogna capire cosa abbia in mente», ha reagito Peskov, alludendo alla proposta di Zelensky.

Nei due anni di guerra alcuni canali sono rimasti aperti, come dimostra il ripetuto scambio di prigionieri, ma c’è una novità che potrebbe incoraggiare Putin. È il senatore J.D. Vance, scelto da Donald Trump come proprio candidato alla vicepresidenza. Vance non ha mai nascosto le sue simpatie per Mosca e il Cremlino. «La presidenza russa non lo conosce, ma conosciamo alcune sue osservazioni riportate dai media», ha detto Peskov, secondo cui «essere un candidato è una cosa, ma essere un alto funzionario in carica è un’altra».