Medio Oriente. L’esercito israeliano si sta preparando a entrare in Libano
L'ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu smentisce l'apertura a un cessate il fuoco da parte di Israele in vista dell'avvio di colloqui sul Libano: «Si tratta di una proposta franco-americana a cui il primo ministro non ha ancora risposto». La dichiarazione definisce «contrario alla verità» un rapporto di Channel 12 secondo cui Netanyahu avrebbe ordinato di attenuare gli attacchi, ribadendo che il premier ha autorizzato l'esercito a continuare a colpire con tutta la sua forza e aggiungendo che i combattimenti a Gaza continueranno finché non saranno raggiunti tutti gli obiettivi.
Hezbollah si prepara a respingere l’invasione di terra israeliana. Uno scenario da Vietnam mediorientale che la diplomazia Usa dice di voler scongiurare, mentre i bombardamenti dell’ultimo giorno (51 morti e 220 feriti) hanno confermato l’intenzione di aumentare l’intensità e la gittata degli attacchi.
Israele ha ampliato gli attacchi aerei in Libano e ha abbattuto un missile che il gruppo armato Hezbollah ha detto di aver lanciato contro una sede del Mossad vicino a Tel Aviv. L’aviazione israeliana ha ampliato il raggio d’azione, attaccando per la prima volta la località balneare di Jiyyeh, a sud di Beirut. Attacchi sono stati osservati anche a Bint Jbeil, Tebnin e Ain Qana nel sud, il villaggio di Joun nel distretto di Chouf, vicino alla città meridionale di Sidone, e Maaysrah nel distretto settentrionale di Keserwan. Fino a mezzo milione di persone potrebbero essere state sfollate in Libano, ha dichiarato il ministro degli Esteri. Almeno 90.530 sfollati sono stati segnalati, di cui quasi 40.000 in 283 rifugi, dall’Organizzazione internazionale per le Migrazioni delle Nazioni Unite.
I combattenti filo-iraniani hanno spiegato di aver scagliato un missile balistico, ma non è stato possibile verificare in modo indipendente questa affermazione. L’ordigno è stato intercettato e frantumato in volo da un missile della contraerea israeliana.
Il capo del comando settentrionale dell’esercito israeliano ha dichiarato che le forze armate sono entrate in una nuova fase della campagna, pronte a «manovre e azioni». Le parole del generale Ori Gordin, durante la visita di martedì a una brigata al confine settentrionale di Israele, sono sembrate alludere ad una possibile invasione di terra. Un’ipotesi che cambierebbe il conflitto che, almeno nominalmente, è tra Israele ed Hezbollah e non contro il Libano. Ma una eventuale azione di terra sarebbe a tutti gli effetti come un’invasione a cui dovrebbero rispondere anche le fragili forze armate libanesi.
Le autorità israeliane hanno confermato che la regione della Galilea, nel nord di Israele, è stata colpita da pesanti attacchi di Hezbollah. Alcuni razzi sono stati intercettati a mezz’aria, altri hanno colpito aree aperte o si sono abbattuti su zone urbanizzate. Nella città israeliana di Safed è stata colpita una casa di riposo, ma non sono stati segnalati feriti.
Hezbollah nei giorni scorsi ha incolpato il Mossad di aver assassinato i suoi leader e ha accusato l’agenzia di spionaggio di aver condotto l’operazione della scorsa settimana, quando in meno di due giorni sono stati fatti esplodere migliaia di “cercapersone” e apparecchi radio walkie-talkie, uccidendo 39 persone e ferendone quasi 3.000. Israele non ha confermato né smentito il coinvolgimento. Il Segretario di Stato americano Antony Blinken ha dichiarato che il rischio di un’escalation in Medio Oriente è «acuto» e che sia Washington sia i suoi alleati stanno lavorando senza sosta per evitare una guerra totale tra Israele e il gruppo armato libanese Hezbollah. Parole che in Libano non scaldano le speranze di pace, considerati i fallimenti dell’amministrazione Usa nel negoziato per Gaza.
Il generale Halevi, capo di stato maggiore israeliano, ha ribadito che gli attacchi aerei continueranno per distruggere le infrastrutture di Hezbollah. La dislocazione degli uomini lungo il confine, con il continuo afflusso di unità ed equipaggiamenti, lascia presagire un attacco in un tempo non troppo lontano. «Colpiremo con tutta la nostra forza», ha avvertito il premier Netanyahu. E il giallo sulla sua partenza verso l’assemblea Onu a New York alimenta le speculazioni circa la possibilità che l’ordine di invasione del Libano meridionale sia imminente. Il presidente Usa Joe Biden ha dichiarato alla televisione Abc che una guerra totale è possibile, ma vi sono ancora delle opzioni diplomatiche. L’ipotesi è quella di un piano negoziale che possa fermare gli eserciti sia a Gaza che in Libano.
Gli ospedali libanesi si sono riempiti di feriti da lunedì, quando i bombardamenti israeliani hanno ucciso più di 550 persone e ne hanno ferite almeno 223.
Pur con difficoltà operative a causa dell’eliminazione dell’intero organigramma di vertice, presto sostituito ma da personale con minore esperienza, a disposizione dei militanti armati filo-iraniani ci sono 150mila tra proiettili di artiglieria e razzi a corta gittata in grado di raggiungere l’Alta Galilea e di colpire fino a 40 chilometri nella profondità territoriale israeliana, come avvenuto più volte negli ultimi giorni. Diverse fonti di intelligence confermano poi che Hezbollah è anche in possesso di 65mila missili di media gittata che possono raggiungere il lago di Tiberiade e la Cisgiordania (75 chilometri), Tel Aviv (120 chilometri), Ashdod (165 chilometri) e Gaza (215 chilometri). A questi si aggiungono circa 5mila missili di lunga gittata, tra i 260 e 500 chilometri, in grado di raggiungere il confine col Sinai egiziano, duemila droni e centinaia tra missili anti-nave di lunga gittata (200-300 chilometri) e mini-sottomarini. Una quantità di armi che, se messe in azione durante un eventuale attacco di terra, prolungherebbero il conflitto producendo effetti incalcolabili.