Ucraina. L’effetto perverso della guerra: riparte la corsa alle spese militari
La guerra in Ucraina sta innescando una reazione a catena, foriera di nuovi guai. Molte risorse dei bilanci nazionali sono purtroppo dirottate dalle spese socio-umanitarie verso giganteschi programmi di riarmo. Lettonia, Polonia, Romania, Svezia, Norvegia e Italia hanno piani di spesa a doppia cifra. Perfino il Belgio non si è accontentato di oltre 10 miliardi freschi freschi e ha ritoccato di un altro miliardo le poste da qui al 2030.
Soldi che finiranno tutti in armi. L’Olanda è in piena revisione e aumenterà pure lei le spese militari. Ma la vera rivoluzione epocale è avvenuta in Germania, che ha moltiplicato per tre il bilancio della difesa, facendolo schizzare quest’anno a 100 miliardi di euro. Parte di quei soldi finirà nell’acquisto di 35 cacciabombardieri F-35. Non si tratta di velivoli qualsiasi. Berlino li vuole per poter continuare a partecipare alle missioni di strike nucleare della Nato. È tutto il mondo delle spese atomiche militari mondiali ad essere in fermento. Il dato arriva proprio in concomitanza con l’apertura sabato, a Vienna, della “Nuclear ban week”, settimana internazionale di eventi per il bando all’atomica.
All’iniziativa partecipano anche Senzatomica e Rete italiana pace e disarmo, partner italiani della Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari (Ican). Quest’ultima ha appena registrato un dato tragico: le 9 potenze nucleari hanno aumentato nel giro di 12 mesi tutte le spese per modernizzare gli arsenali atomici. L’incremento supera il 9% e si aggira ormai sugli 82,4 miliardi di dollari. Tradotto in cifre più comprensibili significa che 156.841 dollari sono bruciati ogni minuto per finanziare armi pantoclastiche. Uno spreco di risorse e un incubo per il pianeta. Gli americani (+12,7%) e i cinesi (+10,4%) si contendono il triste primato.
Nel suo ultimo rapporto, il Sipri non dà nemmeno una buona notizia: la diminuzione del numero di armi nucleari mondiali è ormai un ricordo del passato, risalente agli anni felici di fine guerra fredda. Wilfred Wan, che dirige al Sipri il programma di monitoraggio sulle armi di distruzione di massa, è sconfortato: non solo le 9 potenze nucleari stanno aumentando spese ed arsenali, ma agitano lo spauracchio nucleare con una retorica sempre più aggressiva. In piena guerra Ucraina, i russi hanno testato per la prima volta in un volo completo il missile da 18mila chilometri Satan 2. Ne vogliono almeno 46 esemplari, per rifarsi il trucco dopo le delusioni accumulate dalle forze convenzionali in Ucraina.
In questi anni, il Cremlino ha dirottato risorse crescenti sui militari: dei 50 miliardi spesi ogni anno per le forze armate, più di 8 vanno a foraggiare le armi nucleari. Eppure i russi sono solo il terzo paese per spese nucleari: gli americani (44,2 miliardi di dollari) e i cinesi (11,7 miliardi) sono inarrivabili. Pechino ha investito in enormi progetti infrastrutturali per edificare 300 nuovi di siti di lancio. La corsa all’autodistruzione del pianeta così sembra aver ripreso la folle marcia.