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L'allarme. Martina (Fao): «L’obiettivo fame zero spazzato via»

Paolo Lambruschi venerdì 24 marzo 2023

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Lo spettro della fame si allungherà sul pianeta anche nel 2023. Non nasconde la preoccupazione Maurizio Martina, 44 anni, dal gennaio 2021 vicedirettore della Fao, l’organismo delle Nazioni Unite che si occupa di alimentazione e agricolture. L’ex segretario del partito democratico, per un quadriennio ministro dell’Agricoltura nei governi Renzi e Gentiloni, è entrato in carica in uno dei momenti più difficili della storia contemporanea. Lo incontriamo a margine di un dibattito organizzato dai giovani dall’università del Dialogo del Sermig a Torino.

A che punto è il raggiungimento dell’obiettivo planetario numero due - fame zero - indicato nell’agenda Onu dello sviluppo sostenibile per il 2030?

Stiamo affrontando tre sfide inedite nel campo della sicurezza alimentare. La combinazione degli effetti della pandemia da Covid, dei mutamenti climatici e della guerra in Ucraina ha azzerato tutti progressi. Per quanto riguarda la lotta alla fame nel mondo siamo tornati purtroppo ai livelli del 2015, quando l’agenda venne lanciata. È come se in questi lunghi anni non fosse successo nulla e i tempo a nostra disposizione si sta riducendo.

Quali sono state le conseguenze sulla fame globale del conflitto tra Russia e Ucraina?

Ha allargato le maglie di una situazione già molto problematica. Secondo i nostri dati nell’ultimo anno abbiamo avuto un aumento di 15 milioni di persone nell’area dell’insicurezza alimentare a causa dell’impatto anche di medio raggio di questo conflitto. In particolare abbiamo visto gli effetti su Paesi in via di sviluppo che ricevevano grandi quantità di cereali coltivati in Ucraina e l’effetto è stato immediato sulla riduzione delle disponibilità e sull’aumento dei prezzi. Senza contare più in generale la grande incertezza che i conflitto ha provocato a livello globale. Solo due mesi fa abbiamo avuto, dopo un anno, una stabilizzazione dei prezzi dei beni agricoli primari che erano tutti aumentati.

Quali sono le aree del pianeta più preoccupanti per la Fao?

Ci sono al momento almeno 20 hotspot problematici, territori dove la soglia dell’insicurezza alimentare è molto alta. Da Haiti allo Yemen, dall’Afghanistan al Corno d’Africa, tutte realtà dove si sta aggravano pesantemente la situazione.

Come sta andando la produzione di grano in Ucraina?

Con molta fatica una parte del Paese, soprattutto quella centro occidentale, continua a gestire i raccolti. La parte più compromessa è quella orientale che ha altre caratteristiche. Anche lì la Fao sta aiutando perché abbiamo inviato 100 operatori che non hanno mai smesso i lavorare e adesso sono concentrati sulla fornitura di magazzini transitori per stivare le produzioni ed evitare che vadano in malora visto che i magazzini storici sono perlopiù saltati

Cosa si prevede per il 2023?

Un ulteriore calo della produzione cerealicola determinato dalle condizioni della guerra. Da poco è stato esteso di due mesi l’accordo mediato dall’Onu e dal governo turco per l’esportazione dal mar Nero, ma la situazione resta molto delicata.

Torniamo agli obiettivi del 2030. Per azzerare la fame cosa devono fare i governi?

Raddoppiare gli sforzi nei prossimi sette anni. I governi dei Paesi che hanno la possibilità di finanziare programmi di intervento devono investire più risorse sulle strategie di lotta alla fame aumentando gli spazi della cooperazione internazionale e attivando meccanismi di solidarietà importanti.

Cambiare metodi di produzione può migliorare le produzioni agricole del futuro?

Assolutamente si. Dal nostro punto di vista la rivoluzione tecnologica digitale, se ben utilizzata, ci può aiutare a produrre meglio consumando ad esempio meno acqua e allargando le produzioni in modo coerente con contesti. Ci sono già molte buone pratiche a dimostrarlo. A livello globale questo migliora le disponibilità di reddito dei contadini. Le nuove tecnologie vanno rese accessibili e regolate da strumenti di tutela dei più deboli.

La fetta del mondo più sazia ha diminuito gli sprechi alimentari?

Buttiamo ancora un terzo del cibo, ma c’è una consapevolezza nuova anche alle nostre latitudini. In molti Paesi si sta conducendo una lotta allo spreco alimentare e l’Italia è diventata un paese guida con una legislazione avanzata.