La risoluzione Onu. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nella notte ha adottato una risoluzione con cui si sollecita un cessate il fuoco «immediato e duraturo» nella Striscia di Gaza, che conduca a un «totale ritiro» delle forze israeliane dall'enclave palestinese: l'approvazione del testo era praticamente scontata, dopo che in seno all'organo decisionale del Palazzo di Vetro era stato raggiunto un compromesso tra Paesi occidentali e arabi, accogliendo attraverso serrate trattative una serie di emendamenti presentati da questi ultimi.
L'astensione americana. Non c'è stata però l'unanimità che pareva anch'essa ormai acquisita, giacchè i voti favorevoli sono stati solo quattordici su quindici. In extremis, e a sorpresa, gli Stati Uniti hanno infatti deciso non certo di esprimersi in senso contrario, che sarebbe equivalso a un clamoroso esercizio del diritto di veto spettante ai membri permanenti, bensì di astenersi. Il segretario di Stato americano uscente, Condoleezza Rice, ha poi spiegato che tale atteggiamento è stato dettato unicamente dalla volontà di attendere l'esito dell'iniziativa di mediazione in corso da parte dell'Egitto, e dunque di appoggiarla: il presidente egiziano Hosni Mubarak ha infatti invitato al Cairo rappresentanti di Israele e dei palestinesi per colloqui imperniati sulle condizioni di un'eventuale tregua.
I corridoi umanitari. La stessa risoluzione invoca altresì «la fornitura e la distribuzione senza impedimenti» in tutta la Striscia di aiuti essenziali, «compresi generi alimentari, carburante e cure mediche», e incoraggia qualsiasi mossa tesa alla «creazione e apertura di corridoi umanitari», e di «ulteriori meccanismi» aventi le medesime finalità assistenziali. Si chiedono infine misure per impedire la prosecuzione del contrabbando di armi nel piccolo territorio.
La reazione di Israele. Il ministro degli Esteri israeliano, signora Tzipi Livni, ha reagito all'approvazione della risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, con cui si chiede un cessate-il-fuoco "immediato e duraturo" nella Striscia di Gaza e il "ritiro totale" delle forze dello Stato ebraico, affermando che il suo Paese si regolerà esclusivamente sulla base del proprio interesse: parole non dissimili, paradossalmente, da quelle con cui il provvedimento Onu è stato poi respinto anche dai radicali palestinesi di Hamas. «Israele ha agito, sta agendo e agirà soltanto in armonia con le sue valutazioni, con le esigenze di sicurezza dei suoi cittadini e con il suo diritto all'auto-difesa», taglia corto Livni in un comunicato, senza fare il minimo accenno alla tregua. Il capo della diplomaziaisraeliana in giornata si è riunita con il premier ad interim, Ehud Olmert, e con il ministro della Difesa, Ehud Barak, per discutere della risoluzione appena adottata al Palazzo di Vetro e delle prossime mosse sul campo nell'enclave palestinese.
La reazione di Hamas. Quanto ad Hamas, il gruppo radicale palestinese che controlla completamente Gaza dalla metà del giugno 2007, attraverso un proprio portavoce ha fatto sapere di non avere alcuna intenzione di riconoscere il testo nè la sua validità poichè, è stato puntualizzato, non lo si è voluto consultare in via preventiva.
L'accusa. Le Nazioni Unite hanno accusato Israele di un gravissimo e deliberato massacro di civili nella Striscia di Gaza, sulla base delle denunce ricevute da "numerosi" testimoni oculari: stando dunque agli elementi in possesso dell'Ocha, l'Ufficio dell'Onu per il Coordinamento degli Affari Umanitari, il 4 gennaio scorso soldati dello Stato ebraico avrebbero costretto circa 110 palestinesi, "la metà dei quali erano bambini", a radunarsi in una casa monofamiliare a Zeitoun, un quartiere del capoluogo dell'enclave, ordinando loro di rimanere all'interno; ma 24 ore dopo la stessa abitazione sarebbe stata ripetutamente bombardata. I morti sarebbero stati come minimo trenta. L'agenzia umanitaria ha bollato l'episodio come "uno dei più gravi" avvenuti dall'inizio dell'Operazione "Piombo Fuso".