Reportage. In Kosovo i poveri al gelo tra le crescenti tensioni politiche
Manifestazione a Pristina
Fatos Bityci della Reuters, autore di numerosi dispacci dal posto nelle ultime settimane, ha raccontato la storia di Xhelal, che sta valutando la possibilità di chiudere la sua nota panetteria, a Pristina, proprio perché sta faticando enormemente per coprire i costi del carburante per un generatore provvisorio, comprato quando le autorità hanno introdotto le interruzioni di corrente. Di solito pago circa 300 euro per la bolletta dell'elettricità, ma ora spendo 100-110 euro al giorno per acquistare il diesel per il generatore", ha detto Xhelal, parlando dalla sua panetteria in cui lavorano 10 dipendenti cinquantenni, che non riuscirebbero certamente, in caso di chiusura, a trovare un altro lavoro in questo difficile momento, che peraltro è aggravato da equilibri fin troppo labili a Est. Molte aziende, e famiglie, qui in Kosovo, hanno cercato generatori di corrente portatili da quando la società di distribuzione di energia del Paese, Kosovo Energy Distribution Systems (KEDS), ha annunciato, la scorsa settimana, che avrebbe aumentato ulteriormente interruzioni di corrente di più due ore fino a nuovo avviso. Il dramma ovviamente non coinvolge solo le attività commerciali, ma anche scuole e ospedali, che hanno iniziato il 2022 in condizioni emergenziali. Proprio venerdì scorso, il Governo ha dichiarato lo stato di emergenza per i prossimi 60 giorni, che consentirà al Ministro preposto di stanziare sì più soldi per le importazioni di energia, ma purtroppo anche di introdurre misure restrittive ancora più severe. I Paesi di tutta Europa stanno affrontando un aumento vertiginoso dei prezzi del gas e dell'elettricità, in parte a causa di un aumento della domanda durante la ripresa economica dalla pandemia. iò però è aggravato nel piccolo Kosovo, poiché la bassa produzione interna, a causa di guasti tecnici e il freddo che ha messo fuori uso una parte della produzione delle centrali in difficoltà, sta costringendo a importare molta più energia del consueto.
Il Primo Ministro, Albin Kurti, ha affermato che i prezzi all'importazione sono aumentati fino a 515 euro per MWh, dai 70 euro dello stesso periodo dell'anno scorso, anche se fortunatamente il prezzo riservato ai privati cittadini è di 6 centesimi per kWh, il più economico d'Europa, in quanto – almeno al momento - le tariffe domestiche sono fortemente sovvenzionate. “In questa situazione ci troviamo di fronte a due soluzioni: ulteriori interruzioni di corrente o aumenti dei prezzi, questa volta da caricare anche sulle singole famiglie", ha affermato Kurti. Intanto, in questi giorni, diverse migliaia di persone che protestavano contro l’ aumento dei prezzi dell'energia hanno avuto violenti scontri con la polizia.Alcuni hanno lanciato candele e lampadine contro il palazzo del premier, esponendo cartelli che dicevano provocatoriamente: "Lavoriamo giorno e notte per vedere le luci soffuse!". La protesta, come si apprende per strada, è stata indetta dal Partito socialdemocratico di opposizione, che ha poi esposto il suo simbolo. Il Kosovo produce la maggior parte della sua energia basandosi su due vecchie centrali a carbone fuori Pristina. Le centrali elettriche del piccolo Paese balcanico sono alimentate dalla lignite, un carbone che produce un inquinamento particolarmente tossico quando bruciato (e questo è evidente anche nel preoccupante aumento di leucemie e tumori ai polmoni).
I dati ufficiali mostrano inoltre che il Kosovo ha la quinta riserva di lignite più grande al mondo con 12-14 miliardi di tonnellate, ma la sua dipendenza dal “carburante sporco”, insieme all'instabilità politica, ha tenuto lontani gli investitori stranieri dalla fine della guerra nel ‘99, rendendo difficile il potenziamento delle infrastrutture energetiche. Come sono lontani qui i discorsi sulla transizione ecologica globale. Com’è lontana Glasgow da Pristina. Admeta, in una scuola poco fuori Pristina, racconta: “Dopo le chiusure pandemiche, in questi giorni la nostra scuola elementare ha dovuto effettuare ulteriori chiusure per risparmio energetico, ma anche perché il freddo della nostra terra non permette di tenere aperte classi senza un minimo riscaldamento. Il governo non si chiede quali effetti tutto questo sta avendo sulle nuove generazioni? Il Paese ha subito già troppe violenze e fragilità per potersi permettere di crescere nuovi giovani privi di conoscenze e competenze che potrebbero invece migliorare il nostro Paese, possibilmente anche con politiche sostenibili, che qui son prese scarsamente in considerazione. Tenere le scuole chiuse è preoccupante e il Premier ha il dovere di agire contro il caro energia, che sta mettendo i nostri territori in ginocchio, mentre tutti gli osservatore geopolitici son presi dalla crisi a Kiev”. La situazione attuale è particolarmente complessa anche per altri equilibri interni, poiché tutti gli accordi precedenti raggiunti nell'ambito del dialogo Kosovo-Serbia, guidato dall'Unione europea, devono essere attuati, come ha affermato l'inviato speciale statunitense nei Balcani, Escobar, in questo periodo.
Escobar, parlando in una conferenza stampa congiunta con il rappresentante speciale della UE, Miroslav Lajcak, ha fatto riferimento esplicito a un accordo necessario sulla creazione di un'associazione di comuni a maggioranza serba, questione che è diventata un ostacolo negli sforzi dell'Unione Europea per promuovere il dialogo tra Serbia e Kosovo. La UE ha ripetutamente chiesto la creazione di questa associazione, affermando che è un obbligo del Kosovo ai sensi dell'accordo di Bruxelles, raggiunto nel 2013.
L’attuale governo kosovaro del primo ministro Kurti insiste sul fatto che non possono esserci associazioni basate sull'etnia o altro, sulla falsariga della Republika Srpska – entità dominata dai serbi in Bosnia. Ha poi aggiunto fra le righe che al momento il popolo del Kosovo ha ben altri problemi quotidiani, alludendo alla questione energetica (ma non considerando affatto l’aspetto ecologico e sociale).
Il Kosovo ha dichiarato l'indipendenza dalla Serbia nel 2008 dopo un conflitto nel 1998-99 tra separatisti di etnia albanese e forze serbe. Belgrado non riconosce il Kosovo e circa 120mila serbi che vivono in Kosovo non accettano serenamente la situazione.