Il fenomeno. Gli ucraini via dal fronte, i russi da Putin. La grande fuga dalla guerra
Soldati lungo la prima linea ucraina
«Andrò a morire. Ne sono sicuro. Se verrò costretto a partire per il fronte, questo sarà il mio destino». Anton S. sa che il nuovo arruolamento obbligatorio annunciato in Ucraina potrebbe abbattersi come uno tsunami sulla sua vita e su quella della sua famiglia. Trentadue anni, un passato da atleta agonista, è rimasto a Kharkiv da solo. «Non ho voluto lasciare la mia città – spiega –. Già la guerra mi ha stravolto tutto. Ho moglie e figlia in Germania. E ho dovuto chiudere l’azienda di formazione perché sotto le bombe figurarsi se qualcuno pensa a cambiare il lavoro». Per sopravvivere si è trasformato in imprenditore di prodotti alimentari via Internet. «Come potrà mai stare in prima linea una persona come me che non ha alcuna preparazione militare e non è in grado neppure di tenere un’arma in mano?».
Non è certo una “ribellione” isolata quella di Anton. Cresce, seppur sottovoce, il malcontento per la mobilitazione di 500mila uomini resa nota dal presidente Volodymyr Zelensky per rinvigorire un esercito stanco e per aggiungere ulteriori forze al milione di ucraini già in armi. È ormai il grande incubo. E ciò che sta facendo aumentare le distanze fra i vertici dello Stato e la gente. Ancora di più dopo il progetto di legge che il governo ha presentato in Parlamento il giorno di Natale e che rivede le regole della coscrizione: età della chiamata abbassata a 25 anni; tre mesi di addestramento per i ragazzi dai 18 ai 25 anni; dodici mesi al massimo di permesso per gli studenti; la cartolina inviata anche per mail; nuove visite mediche militari per gli “idonei parziali” che hanno malattie croniche. «Ma già oggi non si tiene conto dello stato di salute complessivo», polemizza Ivan Bondar. E racconta di suo fratello: «Soffre di asma e di ernia iatale. Lo hanno fatto partire. Passa più tempo nell’ospedale militare che con i commilitoni».
A Kharkiv il funerale di un militare ucciso al fronte - Ansa
L’Ucraina fa i conti da alcuni mesi con lo spettro della divisa imposta. Si viene fermati da polizia e militari al ristorante, per strada, in fabbrica, ai posti di blocco per consegnare la convocazione al distretto militare. «La mobilitazione è uno dei più seri problemi che gravano sulla nostra economica», sostiene Inna Kautina, vice-presidente della Camera di commercio di Kharkiv. La sua analisi è dura. «Veniamo privati di risorse umane fondamentali, di specialisti che sono mandati a combattere e non lasciati nelle aziende per risollevare le sorti del Paese. Per di più abbiamo urgenza di manodopera: gli uomini restano chiusi in casa per il timore di essere precettati sul posto di lavoro, come spesso succede». E Inna avverte: «Non basta investire sul versante militare se si vuole garantire un futuro all’Ucraina».
«La soglia dei 500mila è stata fissata per creare nuove unità e fronteggiare le perdite che potremmo subire nel 2024», ribatte davanti alla stampa il comandante in capo delle forze armate Valery Zaluzhny. Colui che viene ritenuto il critico di Zelensky per i ridotti risultati militari e che, secondo le rilevazioni, è apprezzato dall’88% dei connazionali si presenta come il “falco” del reclutamento di massa. La sua firma è nell’atto con le disposizioni al vaglio dei deputati. «Lo Stato ha bisogno di uomini e armi per continuare la guerra», rivendica. E batte i pugni sul tavolo: «Non hanno senso gli “idonei parziali”. O si è idonei o non si è idonei». Bianco o nero. Come accade in ogni conflitto dove i grigi scompaiono. Nessun costo aggiuntivo per l’operazione “nuovi soldati”, assicura il governo, visto che lo stipendio medio di ogni coscritto non supererà i 500 euro.
Il mito della vittoria fa meno presa. Soprattutto dopo un anno di sostanziale stasi del fronte che non ha cambiato la geografia bellica disegnata con la controffensiva ucraina dell’autunno 2022: quattro regioni in gran parte occupate, più la Crimea. Nel sondaggio diffuso ieri dalla Fondazione indipendente Kucheriv, la quota di chi crede inequivocabilmente nella vittoria è passata in un anno dal 78% al 63%, benché solo il 5% ne dubiti. Poi ci sono sempre più morti in battaglia di cui non si conosce alcuna cifra esatta, ma che fanno dire a preti e vescovi che «almeno ogni famiglia è colpita da un lutto».
Le bandiere ucraine sulle tombe dei caduti in guerra in uno dei cimiteri di Kharkiv - Ansa
La paura dell’arruolamento si traduce in fuga all’estero o mazzette per venire esonerati. Più di ventimila uomini sono stati fermati mentre tentavano di lasciare il Paese nonostante il divieto di espatrio, ripetono le autorità nazionali. Un fenomeno che il nuovo provvedimento prova ad arginare sospendendo il rinnovo del passaporto. E aumentano i casi di falsi certificati sanitari o permessi umanitari comprati che sono stati scoperti dai servizi segreti. Da qui il giro di vite: per i disertori è previsto il blocco dei conti correnti, della patente, dell’assistenza statale. «Così si farà il gioco dei più ricchi che potranno salvarsi grazie ai loro patrimoni all’estero», dice Anton. E i media raccontano già di trasferimenti di beni e proprietà a mogli e madri.
Il disagio per la “difesa imposta” non è però segno di sfiducia verso i militari. Anzi, si moltiplicano le iniziative di sostegno e le manifestazioni davanti ai palazzi del potere per chiedere maggiori stanziamenti a favore dell’esercito. Come i sit-in che dall’inizio di novembre si tengono ogni sabato a Kharkiv intorno alla sede del consiglio regionale e comunale. «Vanno aiutati i nostri ragazzi che si spendono per il popolo – sottolinea uno dei partecipanti –. Non possiamo trascurarli o abbandonarli».
I militari ucraini lungo la linea del fronte nella regione di Kharkiv - Ansa
In meno di due anni un milione i russi fuggiti dall'Impero dello zar
Scappano dalla Russia e sognano l’Occidente. Se all’inizio migliaia di russi si sono accontentati di mete “di fortuna”, a quasi due anni dall’inizio della guerra in Ucraina, chi se lo può permettere cerca di spostarsi nell’Europa dell’Ovest. E se non ci si riesce, entrare nel territorio dell’Unione Europea è un obiettivo comunque prioritario. Ci sono migliori condizioni di vita. Si stima che oltre un milione di russi abbia lasciato la madrepatria dall’invasione dell’Ucraina, il 24 febbraio 2022. La parte più cospicua è scappata dal Paese dopo il 21 settembre 2022, quando il presidente, Vladimir Putin, ha annunciato la mobilitazione parziale. Ma da quasi due anni Mosca sta vivendo un’emorragia di capitale umano, soprattutto di giovani, per lo più spaventati dall’ipotesi di finire a combattere sulla prima linea del fronte e in parte anche per la deriva presa dal loro Paese.
La maggior parte ha trovato rifugio nei territori dell’ex spazio sovietico, soprattutto l’Asia Centrale e il Caucaso del sud. Fra i Paesi più gettonati ci sono il Kazakhstan e la Georgia. Se nel primo caso i russi sono stati mediamente bene accolti, a Tbilisi hanno avuto problemi di diverso tipo. Non solo problemi di convivenza con i georgiani, che ricordano ancora troppo bene la guerra del 2008, ma anche il governo di Mosca, che ha cercato (e sta cercando) di bloccarne l’uscita e di farli rientrare. È andata peggio a chi ha scelto la Serbia. Solo nel Paese balcanico è stato scelto da circa 200mila russi per la loro nuova vita da espatriati. Salvo poi scoprire di essere letteralmente finiti in una succursale della Russia, braccati dai servizi segreti di Mosca, ma anche dalla polizia locale, evidentemente rispettosa del filo diretto che unisce Belgrado al Cremlino. Ma anche chi ha scelto Paesi come la Turchia o quelli nella regione del Golfo, cerca di entrare in Unione Europea, intesa come il blocco occidentale dell’Unione.
L'aeroporto di Mosca - Ansa
Chi ha potuto, è passato da nord e si è fermato ora in Scandinavia, ora nelle Repubbliche baltiche. Nella classifica dei Paesi più ambiti dai russi, al primo posto c’è la Finlandia. Il Paese scandinavo ha rilasciato oltre 150mila visto nel 2022. Un vero e proprio esodo di massa, facilitato anche dal lungo confine che condivide con la Russia, che ha preoccupato, e non poco Helsinki, tanto che la sicurezza dei confini e l’incolumità territoriale l’hanno portata a chiedere l’accesso nella Nato, dopo decenni di neutralità. Al secondo posto c’è un Paese, decisamente più difficile da raggiungere, ossia la Spagna, che nel 2022 ha rilasciato circa 130mila visti. Ad attirare i russi, specie i più facoltosi, c’è il clima caldo e l’atteggiamento generalmente molto accogliente della popolazione.
Al terzo posto fra le mete dell’Europa Occidentale c’è la Germania, con oltre 50mila visti rilasciati. Il motivo è facilmente intuibile. A fare convergere le preferenze su Berlino non ci sono solo i rapporti diplomatici fra i due Paesi, che prima dell’inizio della guerra in Ucraina erano eccellenti, ma anche il fatto che, dopo l’inizio del conflitto contro Kiev, membri dell’Ue appartenenti all’ex patto di Varsavia, come Polonia o Repubblica Ceca hanno avviato restrizioni a chi proviene dalla Russia. Paesi come la Lettonia o la Bulgaria, hanno imposto il divieto di ingresso e circolazione ad auto con targa russa. Le alternative che rimangono, dunque, sono molte meno di quelle sulla carta.