Una persona straordinaria, saggia, con una grande carica di simpatia. Apparentemente quieta, animata da un forte dinamismo unito alla passione per l’Africa. È il ritratto che emerge dalle tante testimonianze di chi, commosso, ricorda padre Giuseppe Bertaina, missionario della Consolata ucciso il 16 gennaio a Nairobi. Originario di Madonna dell’Olmo, una frazione di Cuneo, dove era tornato per l’ultima volta l’anno scorso, negli ultimi anni aveva sofferto di problemi al cuore. «Mio fratello – racconta da Roma la sorella Carla, suora domenicana di Santa Caterina da Siena – si è dedicato con passione alla sua missione, era un uomo schivo, semplice a cui non piaceva apparire. Era contento di poter continuare a vivere e a lavorare in Africa. Negli ultimi tempi la sua salute era migliorata. Ora il Signore l’ha portato in paradiso». Entrato giovanissimo in seminario è stato ordinato sacerdote nel 1951. Da lì in poi la sua vita si è legata per sempre al continente africano. Laureato in fisica, scienze e matematica all’università di Città del Capo, in Sudafrica, alla fine degli anni Cinquanta viene trasferito in Kenya, dove insegna alle scuole medie superiori nella regione di Embu, e poi a Sagana (1969-1989) dove crea una nuova scuola tecnica dei Missionari della Consolata. «Grazie al suo lavoro – ricorda padre Adolfo De Col, attonito per la morte violenta che ha colpito il suo confratello – moltissimi giovani africani hanno potuto formarsi professionalmente. Ha veramente dedicato il suo impegno e tutta la vita alla scuola». Nel 1989 padre Giuseppe assume la responsabilità del seminario di Filosofia di Langata a Nairobi. Ma non si ferma lì, ed avvia i lavori per l’Università di Filosofia, terminata due anni fa. Ateneo in cui si formano studenti provenienti dalle diverse congregazioni presenti in Africa. Ed è proprio nei locali di questa università, di cui oltre che docente era anche amministratore, che è stato ucciso. «Un uomo libero, il più libero che abbia mai conosciuto», testimonia fratel Mario Bernardi, missionario cuneese della Consolata che con padre Bertania ha condiviso molti anni di lavoro in Kenya. Lo ricorda «libero dai giudizi e dai pregiudizi, pacato e determinato». Un missionario che ha incarnato pienamente il motto del fondatore Giuseppe Allamano: «Il bene va fatto bene e senza rumore». Padre Bertaina ha sempre mantenuto un forte legame con la sua terra di origine, dove vivono ancora due fratelli (altri due sono già morti, come una sorella, mentre altre due sorelle sono suore domenicane). Un legame reso possibile anche dalla lettura del giornale diocesano
La Guida. «Avevo un rapporto speciale con lui – riferisce il direttore Ezio Bernardi – era un uomo straordinario, molto equilibrato, una persona saggia». Tra le tante iniziative di sostegno all’attività di padre Bertaina, realizzate dai cuneesi, c’è anche la biblioteca universitaria a Nairobi. Una istituzione a cui padre Giuseppe teneva molto.