L'intervista. Jourova: «Più sicurezza senza rinunciare ai diritti»
Per rispondere alla minaccia terroristica gli stati membri dovranno aumentare gli scambi di dati e informazioni, e si dovrà potenziare agenzie come Europol ed Eurojust, ma a condizione di preservare i diritti fondamentali. È il messaggio lanciato dal commissario europeo alla Giustizia, la ceca Vera Jourova, alla vigilia della riunione straordinaria dei ministri dell’Interno e della Giustizia che oggi a Bruxelles si incontrano proprio per coordinare la risposta alla minaccia dopo gli attentati di Parigi.
Commissario, che si può fare per rispondere alla minaccia terroristica? Vede, la presenza di frontiere aperte in Schengen rende più facile a criminali e terroristi spostarsi da un Paese all’altro. Non è una critica a Schengen, e non vuol certo dire ripristinare stabilmente i controlli alle frontiere interne, ma che si deve assolutamente migliorare la cooperazione giudiziaria tra stati, rendendola più rapida e più efficace. Occorre scambiare più informazioni, ad esempio sulle fedine penali, con l’estensione del sistema Ecris (che regola appunto lo scambio dei registri penali) anche ai cittadini terzi, dovremmo essere pronti per il prossimo anno. Vogliamo migliorare anche il riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie. Si tratta inoltre di aumentare le capacità di Europol (l’agenzia di coordinamento delle polizie, ndr) e Eurojust (coordinamento giudiziario, ndr). Abbiamo già deciso il rafforzamento di Eurojust, in fondi e personale. E proprio per migliorare lo scambio di informazioni Europol lancerà il primo gennaio il Centro europeo antiterrorismo. Infine, occorre agire contro la radicalizzazione, che avviene spesso nelle carceri. Abbiamo già stanziato 2,5 milioni di euro per il 2015 per la formazione del personale.
Vari stati varano leggi speciali, la Francia, il Belgio. È la risposta giusta? Situazioni eccezionali possono richiedere misure eccezionali. Bisogna considerare che c’è un fenomeno nuovo e molto grave, i “jihadisti di ritorno”, che hanno prodotto l’orrore di Parigi. Il che inevitabilmente richiede misure più incisive, come la trasformazione in reato penale dei viaggi in Siria, in tutti i loro aspetti: trasporto, finanziamento, altre forme di sostegno. Attenzione, però, anche in situazioni eccezionali si deve preservare lo Stato di diritto, i diritti fondamentali.
Lei è appena rientrata dagli Stati Uniti, dove ha discusso della modifica di Safe Harbour, l’accordo sulla tutela dei dati dei cittadini Ue conservati da società Internet Usa (come Facebook o Google), dopo che la Corte Ue ha bocciato il vecchio accordo giudicando che i cittadini Ue non sono tutelati di fronte all’intelligence Usa. Qual è il giusto equilibrio tra sicurezza e privacy? Una discussione del genere è inevitabile dopo attacchi terroristici. In tutti i sistemi giuridici, quando si tratta di un accesso dei servizi di intelligence ai dati personali, ci sono due criteri fondamentali: necessità e proporzionalità. A volte il criterio di proporzionalità è stato violato, ed è questo che ha segnalato la Corte Ue. In alcuni casi la popolazione può esser tentata dall’accettare una riduzione delle tutele in nome della sicurezza, ma in realtà sicurezza e privacy non dovrebbero essere in conflitto.
Come procede il negoziato conWashington su Safe Harbour? Stiamo chiedendo che le società Usa siano tenute a segnalare in un rapporto annuale il numero di accessi da parte dei servizi d’intelligence ai dati dei cittadini Ue. E, per rispettare le richieste della Corte Ue, avrò bisogno di un impegno formale molto solido da parte di Washington. Posso dire di aver avuto una prima reazione positiva da parte degli americani, e mi ha incoraggiato la reazione delle Ong e della società civile Usa, che ci hanno raccomandato di chiedere solide tutele.
Anche la Commissione ritiene che i servizi possano accedere ai dati personali... Sì, perché vi sono casi eccezionali che rendono necessaria questa possibilità. Si tratterà di definire con precisione quali sono questi casi, ed è anche questo che chiediamo ai partner Usa. Vogliamo, inoltre, un’esplicita clausola per sospendere l’accordo se gli impegni non saranno rispettati. Speriamo di avere un accordo entro la fine di gennaio.
È preoccupata che attentati come quelli di Parigi possano minare il modo di vita europeo? Sì, sono preoccupata che la paura possa paralizzarci. Non deve succedere, dobbiamo essere, forti, coraggiosi, e continuare il nostro modo di vita, anche se con qualche cautela in più, ma dando fiducia alle autorità di sicurezza e alla nostra società.
Chiudiamo con una domanda italiana. La Commissione, anche lei, ha più volte criticato l’eccessiva lunghezza dei processi. Vede miglioramenti?
Dagli ultimi dati in nostro possesso risultano segni di miglioramento nel funzionamento del sistema giudiziario, il numero di processi civili e commerciali ancora aperti sta costantemente calando. I processi però restano ancora molto lunghi, l’Italia dovrà continuare con la riforma.