Brexit. Effetto tonico Boris Johnson sui Tory che tornano al 30%
La leader nazionalista scozzese Nicola Sturgeon incontra il neopremier Boris Johnson durante la sua visita a Edimburgo (Ansa)
PRIMO MINISTRO BORIS JOHNSON UN TONICO PER IL PARTITO TORY
Un partito Tory che torna a conquistare il 30% dell’elettorato, grazie all’elezione a premier di Boris Johnson, mentre la sterlina scende al punto più basso degli ultimi due anni. Dopo che il governo britannico ha dichiarato che è pronto al “no deal”, l’uscita senza accordo della Gran Bretagna dalla Ue, perché Bruxelles non vuole riaprire i negoziati.
Positivo, da quando è stato eletto, sei giorni fa, è stato l’effetto Bojo sul gradimento del partito conservatore che, alle ultime elezioni europee e locali, aveva ottenuto uno dei risultati peggiori della sua storia. Il messaggio netto del neopremier sulla Brexit, gradito a quella fetta del paese che ha votato per uscire dalla Ue, durante il referendum del 23 giugno 2026, ha agito come un tonico sui sondaggi. Nel fine settimana, secondo la rilevazione dell'istituto Opinum, il gradimento Tory è lievitato fino al 30%
Westminster è in vacanza fino al 3 settembre ma il neo premier Johnson è in piena attività e ha cominciato il suo mandato con un viaggio in Scozia. Determinato ad allontanare la sua immagine di uomo del sud d’Inghilterra, regione dove, da sempre, si concentrano le risorse economiche e il potere politico del Regno Unito.
IL NEOPREMIER ARRIVA IN SCOZIA
Arrivato in Scozia BoJo si è scontrato subito con la leader degli indipendentisti scozzesi dell'”Snp”, Nicola Sturgeon, primo ministro del governo locale di Edimburgo, europeista convinta, come la maggioranza dell'elettorato scozzese, che non ne vuole sapere di andarsene dalla Ue. Il neopremier ha promesso 300 milioni di sterline di fondi extra, quasi 330 milioni di euro, per la Scozia, l'Irlanda del Nord - dove la Brexit rischia di avere un effetto negativo sul confine attualmente aperto con la Repubblica d'Irlanda - e il Galles.
Johnson ha anche definito l'unione delle 4 nazioni del Paese "la più riuscita unione politica ed economica della storia", evocando "un futuro luminoso dopo la Brexit" a patto di "rinnovare i legami che ci tengono insieme nel Regno Unito".
La risposta di Nicola Sturgeon non si è fatta attendere. La leader scozzese ha ribadito la sua convinzione che ci vorrà un secondo referendum sull’indipendenza della Scozia da Londra e ha definito "vergognoso" che il nuovo governo Tory voglia stanziare 100 milioni di sterline, quasi 110 milioni di euro, per una campagna mirata a preparare i cittadini britannici all'ipotetico “no deal”, l’uscita senza accordo dalla Ue.
LA STERLINA SCENDE PER COLPA DEL "NO DEAL"
La sterlina, invece, è scesa al suo minimo in due anni sul dollaro, perdendo più dell'1%.Colpa delle dichiarazioni del nuovo ministro degli Esteri Dominic Raab, che ha ribadito che il Regno Unito lascerà la Ue senza un accordo, se Bruxelles non accetterà di eliminare il meccanismo del “backstop”, la clausola che evita il ritorno del confine fisico tra nord Irlanda e Repubblica d’Irlanda.
GIOVEDI NUOVA ELEZIONE SUPPLETTIVA
Il prossimo appuntamento del calendario politico britannico è giovedì 1 agosto, quando si terrà l'elezione supplettiva nel collegio di Brecon e Radnorshire, dove il parlamentare Tory Chris Davies ha dovuto dimettersi per aver falsificato delle spese. Secondo la Bbc il partito conservatore avrebbe proposto al "Brexit party" di Nigel Farage di unire le forze e sostenere un unico candidato. La prima volta che i conservatori si alleano con il politico al quale si deve l'avvio del processo della Brexit. Una scelta che confermerebbe uno spostamento a destra della formazione Tory. Il responsabile della sezione locale del partito conservatore, Peter Weavers, ha, tuttavia, smentito l'indiscrezione.
BORIS JOHNSON, UN VOTO SOLO DI MAGGIORANZA
Se i conservatori dovessero perdere questo seggio, il governo di Boris Johnson si ritroverebbe con una maggioranza soltanto di un voto a Westminster. Anche se molti prevedono nuove elezioni generali, alla ripresa parlamentare del 3 settembre, la prospettiva, secondo la Bbc, è inverosimile. Da una mozione di sfiducia alla dichiarazione che dà il via alle elezioni devono passare quattordici giorni, periodo entro il quale il governo può cercare una nuova maggioranza che lo sostenga. Entro il 20 settembre, insomma, il neopremier dovrebbe dissolvere il parlamento e dare il via a una campagna elettorale lunga cinque settimane. La prima data entro la quale gli elettori potrebbero essere chiamati alle urne sarebbe il 25 ottobre, meno di una settimana prima del termine ultimo per completare la Brexit.Diversi politologi, però, sul sito della Bbc, confermano che i tempi sono nelle mani del primo ministro che può usare legislazione e calendari parlamentari per rendere impossibile un eventuale sondaggio. E Boris Johnson ha già dichiarato che non ha nessuna intenzione di arrivare alle urne prima del 31 ottobre 2019.