Reportage. L'Italia a fianco dell'Etiopia nella sfida dello sviluppo
Provare a tornare nel Corno d’Africa passando dalla porta principale, l’Etiopia, e sfruttando le opportunità offerte dalla pace con l’Eritrea. Contrapponendo alla potenza cinese, sbarcata da un paio di decenni legami storici e culturali di 130 anni e la qualità delle imprese. Per dimostrare che l’operazione avviata lo scorso ottobre con la visita del premier Conte ricambiata dal premier Abiy Ahmed, l’uomo nuovo dell’Africa orientale, era l’inizio di una nuova politica bilaterale, si è tenuto il 19 e 20 giugno ad Addis Abeba il primo forum imprenditoriale Italo-etiopico al quale hanno partecipato una cinquantina di imprese italiane, alcune già operanti in Etiopia.
Il grande Paese africano – il secondo per popolazione del Continente, con 109 milioni di abitanti – ha una crescita demografica del 4% annuo, un tasso di crescita economica elevato quasi a due cifre, ma il 30% della popolazione vive sotto la soglia di povertà. Il nuovo premier Abiy Ahmed, che sta modernizzando l’Etiopia non senza tensioni anche etniche che rendono più fragile il governo, ha avviato un piano di privatizzazioni e liberalizzazioni che coincide con l’entrata in vigore dell’Area di libero scambio continentale africana. Ora ha bisogno di posti di lavoro. In particolare il made in Italy può fare concorrenza ai cinesi in tre settori: infrastrutture e trasporti, l’industria agro-alimentare, il tessile.
Il Forum è stato condotto dalla viceministra degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale Emanuela Del Re, insieme al ministro degli Affari esteri etiope Aklilu Gebremichael e al ministro delle Finanze etiope, Ahmed Shide. Presenti, ad alti livelli, pezzi importanti del nostro sistema economico, da Confindustria ad Abi, da Cassa depositi e prestiti a Sace. Per quanto riguarda in particolare le infrastrutture, l’Italia dovrà essere abile per entrare nella partita della costruzione di 5.000 km di ferrovia previsti nel Paese africano, in particolare nel corridoio che porta a Massaua, sulla costa eritrea che deve essere riaperta ai commerci. I due problemi che possono ostacolare gli investimenti, e quindi lo sviluppo del Paese, sono la soffocante burocrazia e la scarsità di valuta pregiata, che rallenta i pagamenti e i crediti.
Se le grandi aziende possono sopportare ritardi nei pagamenti, le piccole e medie imprese, ossatura del tessuto italiano, chiedono garanzie. Conferma l’interesse delle banche italiane Pierfrancesco Gaggi, responsabile Relazioni Internazionali di Abi. «Abbiamo raccomandato la prosecuzione dell’impegno nell’adozione di misure antiriciclaggio che portino il Paese ad adeguarsi agli standard del gruppo di azione finanziaria internazionale. Già oggi gli operatori italiani ed etiopi possono contare su banche italiane che dispongono di conto di corrispondenza su diverse banche etiopi e alcune nostre banche hanno già avviato investimenti nel Paese. Nell’incontro avuto con le banche etiopiche e con il rappresentante della Banca Centrale è emersa la volontà di procedere con misure che rendano più agevoli le operazioni in valuta». Altro problema in Etiopia è la carenza di energia. La strada da percorrere è quella delle rinnovabili. Enel Green power, che nel Continente è il maggior operatore energetico nel campo del solare e dell’eolico, ha vinto una gara per installare un mega-impianto a 200 km dalla capitale, e nel frattempo ha reso autonomo l’ospedale del Cuamm a Wolisso. La via per vincere insieme all’Etiopia la sfida dello sviluppo la indica Antonio Cammisecra, amministratore delegato. «Bisogna avere pazienza. Ci sono fragilità, ma anche una popolazione giovane che preme, processi democratici in corso, tecnologie che aiutano, trasparenza».
Non è retorica. Per vincere questa partita occorre che politica e imprese facciano davvero sistema.