Israele. Raid in Cisgiordania e in Libano. Washington e Londra: «Subito via da Beirut»
Palestinesi in strada a Tulkarem vicino al punto dov'è avvenuto un raid israeliano
Un omicidio mirato al giorno, o anche due. Sbandierati dal premier israeliano Benjamin Netanyahu, a uso interno, come successi in una guerra che sta per compiere dieci mesi e che minaccia ogni giorno di più di allargarsi all’intero Medio Oriente. Gli ultimi due assassinii sono avvenuti in Cisgiordania e in Libano. L’esercito ha annunciato di aver ucciso a Tulkarem il comandante locale delle Brigate al-Qassam (l’ala armata di Hamas), Sheikh Haitham Balidi. Il drone militare ha colpito il veicolo su cui viaggiava assieme a quattro persone. Un secondo raid con drone, nella stessa zona, ha portato a nove gli uccisi.
L’altra «eliminazione» comunicata dalle forze di difesa israeliane (Idf) è avvenuta nella località libanese di Bazouriyeh, non lontano dalla costa di Tiro. Nel mirino del drone è finito Ali Abed Ali, considerato dagli israeliani una figura «centrale nel fronte sud» di Hezbollah. Alla vigilia dell’anniversario dell’esplosione al porto di Beirut – che il 4 agosto 2020 fece 218 morti e 7mila feriti lasciando senza casa due terzi degli abitanti della capitale –, nuove nubi nere si addensano sui cieli libanesi. Nel timore di un’imminente escalation regionale, la Svezia ha chiuso l’ambasciata e ha ordinato al suo personale di trasferirsi a Cipro.
L’ambasciata americana ha chiesto ai connazionali di lasciare il Libano «con qualsiasi biglietto disponibile, anche se non è la tratta preferita». Anche il governo britannico ha chiesto ai connazionali di lasciare il Paese «adesso»: «Le tensioni sono alte e la situazione potrebbe deteriorarsi rapidamente», ha detto il ministro degli Esteri David Lammy. Diverse compagnie aeree, tra cui Air France e Lutfhansa, hanno sospeso da giorni i voli su Beirut.
Altro raid fuori dal territorio israeliano è quello compiuto in Siria, vicino a un valico di frontiera con il Libano. Ne danno notizia Hezbollah e l’Osservatorio siriano per i diritti umani, espressione dei ribelli al regime di Damasco, anche se l’Idf tace. Tre attacchi avrebbero preso di mira un convoglio di autocisterne nell’area di Hawsh al-Sayyed Ali: con tutta probabilità camion e miliziani di Hezbollah. Un altro raid avrebbe colpito una fattoria nella provincia siriana di Homs.
Dalla Striscia di Gaza, la Protezione civile di Hamas denuncia l’uccisione di almeno 15 civili nel raid sulla scuola di Hamama a Gaza City che accoglieva sfollati: per l’esercito l’edificio era un nascondiglio di terroristi e armi.
Mentre è salito a 39.550 il bilancio delle vittime stando ai dati di Hamas, ha raggiunto il Cairo la delegazione israeliana incaricata di partecipare a nuovi colloqui per un cessate il fuoco. Dopo un incontro con il capo dell'intelligence egiziana, Abbas Kamel, sono già rientrati in patria il capo del Mossad, David Barnea e il numero uno dello Shin Bet (i servizi interni), Ronen Bar. Della delegazione fa parte anche il coordinatore delle attività governative nei Territori (Cogat), Ghassan Alian. Sul tavolo, secondo il Jerusalem Post, anche la riapertura del valico egiziano di Rafah, nell’estremo sud della Striscia, chiuso da quando gli israeliani lo controllano dall’interno di Gaza. Ma il giornalista Barak Ravid di Axios ha scritto su X, citando alti funzionari israeliani, che «i negoziati sono bloccati e un accordo è lontano».
In questi giorni ad alta tensione in Israele, che si prepara alla rappresaglia iraniana per l’uccisione a Teheran del capo politico di Hamas Ismail Haniyeh, i media locali riferiscono di fibrillazione nell’esecutivo. I noti dissapori fra il premier e il ministro della Difesa, Yoav Gallant, sulla gestione del conflitto e sul dopoguerra nell’enclave starebbero per sfociare in un rimpasto di governo. Netanyahu, scrive il Times of Israel, avrebbe intenzione di licenziare Gallant per poi sbarazzarsi anche del capo di Stato maggiore Herzi Halevi e di quello dello Shin Bet, Bar. Una manovra che gli consentirebbe di avere mano libera nella conduzione dei negoziati indiretti con Hamas, dopo che i tre dirigenti gli hanno più volte rinfacciato di non dare priorità al ritorno a casa degli ostaggi.