Israele. Hamas: non avanzeremo nuove richieste
Il cratere provocato dall’attacco israeliano a Gaza
C'è una possibile svolta nella delicata trattativa per il cessate il fuoco a Gaza e il ritorno degli ostaggi israeliani: in serata, la delegazione di Hamas a Doha ha dichiarato di non avere intenzione di avanzare nuove richieste. «La nostra delegazione negoziale, guidata da Khalil Al-Hayya, si è incontrata oggi a Doha con il primo ministro del Qatar e il capo dell'intelligence egiziana - ha affermato Hamas in una nota citata da Al Jazeera -. Affermiamo la continua positività e flessibilità del movimento per raggiungere un accordo di cessate il fuoco e il ritiro dell'esercito dall'intera Striscia di Gaza. Confermiamo che non presenteremo nuove richieste e non rifiuteremo alcuna nuova condizione sull'accordo da parte di nessuna delle parti».
Intanto, in mezzo alle tende divelte dall’esplosione in una “zona sicura” di Khan Younis è rimasto un cratere: almeno 40 morti dirà in mattinata Hamas, salvo rivedere a 19 il numero delle vittime. La guerra è anche nei numeri, compresi quelli degli ostaggi di Hamas da scambiare con i prigionieri palestinesi in Israele. Sarebbe questo uno degli scogli emersi nelle ultime ore, quando la trattativa balbetta e gli Usa hanno ripreso a fare pressione sui mediatori di Egitto e Qatar affinché convincano la fazione armata palestinese a non alzare il prezzo.
Israele ha proposto di concedere al leader di Hamas, Yahya Sinwar, un salvacondotto per uscire da Gaza in cambio della liberazione degli ostaggi detenuti e della rinuncia al controllo della Striscia. "Sono pronto a fornire un passaggio sicuro a Sinwar, alla sua famiglia, a chiunque voglia unirsi a lui", ha detto l'inviato per gli ostaggi di Israele Gal Hirsch in un'intervista all'ufficio di Washington di Bloomberg News. "Vogliamo indietro gli ostaggi. Vogliamo la smilitarizzazione, la de-radicalizzazione, ovviamente, e un nuovo sistema che gestisca Gaza". Difficile, tuttavia, che Sinwar possa accettare una proposta che significherebbe la resa di Hamas, soprattutto dopo che i capi del movimento vengono colpiti anche nei Paesi “amici” come è successo all’allora leader politico dell’organizzazione, Isamil Hanyeh ucciso a Teheran.
Sul lato israeliano, fonti riservate citate dai media locali dicono che perfino il cauto presidente Herzog stia lavorando sottobanco per cucire su misura di tregua un governo di unità nazionale che possa prendere il posto di Netanyahu e dei fanatici dell’ultradestra. Un esecutivo d’emergenza che risponda a due scopi: «Riportare a casa gli ostaggi - dicono le fonti citate dai media - e mettere in sicurezza Israele».
Un avvertimento è arrivato da due inossidabili alleati di Tel Aviv: Usa e Regno Unito, spalleggiati dall’interno dell’esecutivo israeliano dal ministro della Difesa Gallant, apparentemente determinato ad abbassare la temperatura del conflitto a Gaza offrendo a Netanyahu il trampolino per un nuovo scontro, oramai dato per inevitabile: una nuova guerra di invasione in Libano per stanare Hezbollah e costringerlo ad indietreggiare dal confine israeliano. «Siamo vicini a completare la nostra missione nel sud - ha detto Gallant alla stampa estera alludendo a Gaza e indicando il Libano-. Il centro di gravità si sta spostando verso nord, dove abbiamo un compito che non abbiamo ancora concluso, ed è quello di cambiare la situazione della sicurezza e il ritorno dei residenti alle loro case».
Ma sono state le parole del segretario di Stato Usa Antony Blinken a segnalare un ultimatum non dichiarato per Netanyahu. L’esercito israeliano ha annunciato di ritenere «molto probabile» che le sue forze abbiano ucciso «indirettamente e involontariamente» l’attivista turco-americana Aysenur Ezgi Eygi, di 26 anni, ferita a morte da un colpo di pistola alla testa nei giorni scorsi vicino a Nablus, in Cisgiordania, mentre partecipava a una protesta in difesa degli agricoltori palestinesi vessati dai coloni israeliani. L’inchiesta interna «ha rivelato che è altamente probabile che sia stata colpita indirettamente e involontariamente dal fuoco dell’Idf (le Forze di difesa di Tel Aviv, ndr), che non era diretto a lei ma al principale istigatore della rivolta», ha affermato l’esercito in una dichiarazione. Una giustificazione che agli Usa non è bastata, perché semmai conferma che l’Esercito israeliano non si cura dei civili disarmati quando prende di mira un proprio obiettivo. «Nessuno dovrebbe essere ucciso a colpi di arma da fuoco per aver partecipato a una manifestazione», ha affermato il Segretario di Stato. Le parole di Blinken sono arrivate a margine di un colloquio a Londra con il suo omologo britannico David Lammy, il quale aveva a sua volta giudicato «scioccante» l’ultimo raid di Israele a Khan Younis, invocando un cessate il fuoco immediato. «A nostro giudizio - ha rincarato Blinken dosando l’avvertimento per Netanyahu -, le forze di sicurezza israeliane devono apportare alcuni cambiamenti fondamentali al modo in cui operano in Cisgiordania, compresi cambiamenti alle loro regole di ingaggio».
Ieri è circolata la notizia secondo cui il procuratore dell’Aja avrebbe sollecitato il Tribunale internazionale a convalidare la richiesta di arresto per Netanyahu, Gallant, il leader di Hamas Yahya Sinwar ed altri. Fonti di “Avvenire” vicine al dossier smentiscono che una tale sollecito sia mai arrivato alla corte. Da Tel Aviv reagendo alla notizia (priva di conferme) l’ufficio del premier risponde accusando il tribunale di «antisemitismo a tutti gli effetti» e di «vergogna morale di prim'ordine».
Fonti dell'Aja spiegano che in realtà l'urgenza segnalata dal procuratore Khan era menzionata in un documento pubblico di risposta alle osservazioni di alcuni Stati sul tema della giurisdizione riguardo ai presunti crimini di Guerra in Israele e a Gaza. Dal punto di vista legale una osservazione priva di valore perché non si tratta di una richiesta formulata alla corte.
A Gaza l’Idf riferisce che Mahmoud Hamdan, alto comandante di Hamas coinvolto nella pianificazione del massacro del 7 ottobre, è stato ucciso diverse settimane fa da un drone israeliano. Anche l’attacco di ieri mattina, secondo Israele, aveva lo scopo di colpire centri di comando di Hamas nascosti tra i civili e perciò sarebbero stati usati «missili di precisione». Tra le vittime (morti e feriti) ci sono però anche donne e bambini.
A far temere per una corsa nei piani per l’attacco in Libano, per il quale potrebbero volerci settimane, c’è l’accelerazione delle operazioni in Cisgiordania, dove Hezbollah e Hamas potrebbero trovare affiliati disposti a bersagliare i soldati israeliani alle spalle, mentre tenteranno di forzare il confine libanese.
Le forze armate di Tel Aviv, che per due settimane avevano assediato Jenin lasciando la consueta scia di distruzione delle infrastrutture civili (strade, rete idrica e fognaria, sistemi elettrici) sono ora passate a colpire Tulkarem. Diverse persone sono rimaste ferite durante l’incursione militare. Fonti di sicurezza e testimoni sul posto hanno dichiarato che le forze israeliane hanno fatto irruzione nella città e nel suo campo, durante la quale l’occupazione ha sparato proiettili, bombe sonore e gas lacrimogeni. La Mezzaluna rossa palestinese ha annunciato che diversi civili sono stati feriti dai proiettili delle forze di occupazione. Nel corso della mattinata bulldozer e veicoli militari hanno fatto irruzione in diversi quartieri e circondato un ospedale governativo di Thabet Thabet, dove attraverso gli altoparlanti hanno ordinato ai commercianti di chiudere le botteghe e allontanarsi dai mercati. Nei dintorni sono stati schierati i blindati mentre da alcuni tetti erano visibili i cecchini. I bulldozer hanno raso al suolo diversi edifici e distrutto alcune strade.
Ma l’ultima tegola per il governo israeliano piomba dal “fuoco amico”. L’esercito ha annunciato di voler mostrare il video del tunnel nel quale erano stati segregati e trucidati sei ostaggi i cui corpi sono stati recuperati meno di due settimane fa. Mentre nelle piazze i manifestanti non smettono di accusare Netanyahu di averli abbandonati.