Israele-Hamas. Saly e chi resta a Gaza. Oggi escono 400 stranieri e 60 feriti
Inas Abu Maamar, 36 anni, stringe il corpo senza vita della nipotina Saly di 5 anni, avvolta nel lenzuolo, all'obitorio dell'ospedale Nasser di Khan Younis il 17 ottobre scorso
Era bella Saly, l’amore della zia. Bionda e sottile. Nella foto sullo smartphone sorride leziosa nell’abito rosso della festa, le lunghe ciocche di capelli a incorniciarle il viso. La mano sinistra sul fianco, la destra alzata con l’indice e il medio a formare il segno di vittoria. Sorride, Saly, dal cellulare. Alla zia, al mondo, alla vita. Aveva 5 anni.
Nell’obitorio dell’ospedale Mohammad Salem di Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza, il fotografo della Reuters Mohammad Salem si aggira tra i familiari delle vittime, il 17 ottobre. Vede una donna accovacciata, scossa dal pianto: è avvinghiata a un piccolo corpo avvolto nel lenzuolo bianco dei morti.
Quella di Inas Abu Maamar e della nipotina Saly («mi chiedeva sempre di scattarle foto», racconta a Salem, «ne ho il cellulare pieno») è solo una delle storia quotidiane di morte a Gaza. Anche la madre e la sorellina di Saly sono rimaste uccise nell'esplosione che ha colpito la casa dove si trovavano con altri familiari. Il fratellino Ahmed, 4 anni, era in cortile ed è sopravvissuto. Ora zia Inas si prende cura di lui, che «non mangia quasi nulla e non sorride più».
La zia mostra una foto di Saly in un momento di serenità, prima della guerra - Reuters / Mohammad Salem
Quanti Ahmed e quante Inas restano vivi nella Striscia, e fino a quando? Di sicuro non figurano nella lista dei passaporti fortunati di chi comincia a uscire dall'inferno. Dopo i 540 di ieri (450 stranieri e 90 feriti), altri 400 cittadini con doppia nazionalità dovrebbero varcare in giornata i cancelli del valico egiziano di Rafah. Già stamani è passato il primo centinaio. Americani, personale delle ong, una bambina italiana di 6 anni con la madre palestinese. Usciranno anche 60 feriti. Dentro, ne restano 20mila. Feriti che hanno «
Il ministero della Sanità, controllato da Hamas, aggiorna a 9.061 il bilancio dei morti nella Striscia, di cui 3.760 minorenni. Nei due attacchi al campo profughi di Jabalia sarebbero morte almeno 195 persone, 120 restano disperse. Oggi almeno 15 corpi sarebbero stati trovati sotto le macerie del campo bombardato di Bureij. Il capo dell'agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa), Philippe Lazzarini, ha riferito che sono state colpite 3 scuole dell'Unrwa che ospitavano circa 20mila persone. «Ciò ha portato alla morte di più di 20 persone a Jabalya e di una persona nel Beach camp di al-Shati».
Sul terreno militare si amplia l'operazione di terra dell'esercito israeliano mentre sale a 17 il numero dei soldati rimasti uccisi. Le forze dentro Gaza «sono accompagnate da un'accurata intelligence, con fuoco dal mare e dal cielo» ha detto il capo di stato maggiore Herzi Halevi, aggiungendo che sta operando meno della metà della potenza aerea. Se servirà, l'esercito è pronto «ad attaccare su altri fronti». Parlando ai soldati, il premier israeliano Benjamin Netanyhanu ha detto: «Siamo al culmine della campagna, abbiamo già raggiunto successi impressionanti, siamo già oltre gli ingressi di Gaza City e andiamo avanti. Abbiamo anche perdite dolorose ma come mi ha detto uno dei combattenti "niente ci fermerà". Faccio appello alle persone non coinvolte ad uscire e andare a sud, perché noi non ci fermeremo dall'eliminare i terroristi di Hamas».
Intanto sullo Stato ebraico continuano a piovere razzi. Da oltre confine con il Libano Hezbollah minaccia. In Cisgiordania la rabbia sale, e la violenza segue. Ancora incerta la sorte dei 242 ostaggi nelle mani di Hamas.