Ufficialmente gli strateghi del
Pentagono non prevedono ancora l'invio di truppe americane a
combattere contro lo Stato Islamico, ma ci stanno comunque
pensando seriamente. E lo fanno chiaramente sapere - seppur in
forma anonima - mentre assieme alle forze irachene preparano
l'offensiva di primavera per riconquistare la città di Mosul,
nel nord dell'Iraq, catturata dai jihadisti dell'Isis a giugno.
Allo stesso tempo, la Giordania continua a martellare le
postazioni dei jihadisti in Siria e Iraq con una serie di raid
aerei scatenati per reazione alla barbara uccisione del pilota
giordano Muath al Kaseasbeh, bruciato vivo in una gabbia. Al
terzo giorno consecutivo di bombardamenti, Amman ha promesso,
per bocca del ministro degli Interni Hussein al Majali, che
inseguirà i tagliagole dell'Isis "dovunque si trovino, per
annientarli e spazzarli via, completamente".
E ad Amman è arrivato in queste ore anche il sostegno
tangibile degli Emirati Arabi Uniti, che hanno inviato in
Giordania un intero squadrone di caccia F-16. Non è chiaro se i
caccia emiratini parteciperanno ai raid con i piloti del regno
hashemita, specie dopo che nei giorni scorsi è emerso che lo
scorso dicembre l'aviazione degli Emirati aveva sospeso la sua
partecipazione attiva contro obiettivi dell'Isis. Di certo,
però, si tratta di un bel segnale di unità.
L'unità araba è probabilmente uno degli aspetti che preoccupa
di più l'autoproclamato emiro dello Stato islamico Abu Bakr al
Baghdadi e suoi consiglieri. Forse proprio per questo ieri hanno
diffuso la notizia che i caccia giordani hanno bombardato
"mentre i fedeli (musulmani) erano in moschea per la preghiera
del venerdì" causando la morte della donna americana tenuta in
ostaggio, Kayla Jean Mueller.
Un'affermazione che suscita sempre più perplessità tra gli
analisti e nella stessa famiglia Mueller, che si è detta certo
molto "preoccupata" ma ha anche affermato di credere che Kayla
non sia morta. "Siamo fiduciosi che Kayla sia viva", hanno
scritto il padre e la madre della cooperante 26enne dell'Arizona
in un comunicato in cui si sono rivolti direttamente ai
rapitori: "Vi imploriamo di contattarci in privato".
Ad alimentare le loro speranze c'è la stessa Giordania, che
sottolinea come i jihadisti dell'Is "sono dei bugiardi" e
sottolineando che è davvero difficile stabilire la nazionalità
di caccia che volano ad alta quota.
Le fonti militari americane non hanno dal canto loro
commentato, ma oggi, dal Central Command (Centcom), hanno fatto
trapelare alla
Cnn che il Pentagono sta cercando di raccogliere
il maggior numero di informazioni di intelligence possibile
sulle difese approntate dall'Isis a Mosul, per decidere se
raccomandare al presidente Obama l'invio di truppe americane
assieme alle forze irachene che in primavera scateneranno
l'offensiva per riconquistare la città.
Si tratta dell'ennesima indicazione in questo senso. A fine
gennaio il generale Lloyd Austin, comandante del Centcom, aveva
affermato di non aver ancora deciso se raccomandare che truppe
Usa accompagnino le unità irachene sul campo, ma aveva aggiunto
che i militari "faranno ciò che serve". Ancora più in alto, il
capo di Stato maggiore interforze, il generale Martin Dempsey, a
dicembre aveva fatto sapere di considerare seriamente l'ipotesi.
Il momento di prendere una decisione potrebbe essere ormai
imminente, poiché secondo quanto hanno riferito le fonti della
Cnn, la prima fase dell'offensiva per Mosul potrebbe scattare
già ad aprile.