Circa 700 civili appartenenti alla
minoranza turcomanna sciita, tra cui "bambini, donne e vecchi",
sono stati massacrati dai jihadisti dello Stato islamico (Isis)
nel villaggio di Beshir, nel nord dell'Iraq. Lo ha detto
all'Ansa il rappresentante dell'Unicef in Iraq, Marzio Babille,
precisando che la strage è avvenuta tra l'11 e il 12 luglio. È necessario un "D-Day umanitario"
per i 700.000 profughi in fuga dalle violenze dell'Isis nel nord
dell'Iraq. Lo ha detto all'Ansa Babille, chiedendo tra l'altro alla comunità
internazionale di istituire una zona protetta come quelle
realizzate in Bosnia, con truppe sul terreno. Secondo Babille è anche necessario
organizzare "un ponte aereo sistematico dall'Europa" per aiutare
il Kurdistan iracheno, "l'unico baluardo dei diritti umani" in
questo momento nel Paese, che dà ospitalità a profughi di ogni
etnia e religione.
I 440.000 civili che sono confluiti nella regione autonoma
curda a partire da giugno davanti all'offensiva dell'Isis, si
sono aggiunti ai 250.000 siriani che già vi avevano trovato
rifugio dall'agosto del 2013. "In tutto, quindi - ha
sottolineato Babille - il Kurdistan accoglie 700.000 profughi,
rispetto a una popolazione residente di meno di cinque milioni".
Il rappresentante dell'Unicef ha aggiunto che gli episodi di
violenza registrati che hanno coinvolto bambini sono stati a
partire dallo scorso giugno "quattro volte più numerosi che nei
precedenti nove mesi".
"Da parte della comunità internazionale - ha affermato
Babille - ci sono state troppe indecisioni. Se non si interviene
rischiamo una disintegrazione del Medio Oriente, e anche
l'Europa ne pagherà le conseguenze"