Braccio di ferro politico in Iraq; il Paese scivola sempre di più verso il baratro, stretto tra la spietata offensiva delle milizie dello Stato Islamico al nord, e la pulizia etnico-religiosa da loro lanciata, e la crisi di governo, alimentata dalla pretesa del premier uscente Nouri al-Maliki di guidare anche il prossimo esecutivo, malgrado le crescenti pressioni contrarie, anche internazionali.Nonostante i sostenitori di al-Maliki siano scesi in piazza con intenzioni bellicose per sostenere le ragioni del loro leader, il presidente iracheno, il curdo Fuad Masum, ha dato l'incarico di formare un governo "pacificatore", che includa sunniti e sciiti, ad Haidar al Abadi, un ingegnere elettronico sciita di 62 anni, a lungo residente in Gran Bretagna, già ministro delle Telecomunicazioni nel 2013 e oggi vicepresidente del Parlamento oltre che portavoce di Dawa, il partito guidato proprio da al-Mailiki. "Il Paese è nelle vostre mani", ha detto Masum ad al-Abadi nel corso di una breve cerimonia di investitura. La decisione del presidente Masum ha trovato il sostegno degli Stati Uniti, che hanno esortato il premier incaricato a "formare un governo il prima possibile", promettendo sostegno a un esecutivo "inclusivo", soprattutto "nella sua battaglia contro l'Isis". La tensione a Baghdad è altissima. La Corte Suprema aveva in mattinata riconosciuto ufficialmente la coalizione "Stato di Diritto-Alleanza Irachena Unita" di al-Maliki quale gruppo politico più vasto nel Consiglio dei Rappresentanti, il Parlamento uscito dalle elezioni legislative del 30 aprile scorso, gruppo legittimato dunque a esprimere il nuovo primo ministro, implicitamente spianato la strada al reinsediamento del suo leader per il terzo mandato consecutivo.Per guidare il futuro esecutivo la stessa formazione sciita poco dopo ha però indicato non lui, bensì Haider al-Abadi. La scissione nel partito è totale: Mahmoud al-Hassan, uno dei deputati più in vista della coalizione, ha ammonito che "in base alla pronuncia" della Corte Suprema, il presidente Masum non aveva altra scelta che nominare lo stesso Maliki per conferirgli l'incarico. "Altrimenti", ha avvertito, "si porrà nella pericolosa posizione di chi viola la Costituzione": è appunto ciò che Maliki imputa a Masum, del quale ieri aveva chiesto la messa in stato di accusa. Subito sono scese in piazza decine di sostenitori di al-Maliki, appartenenti alle forze speciali e alla polizia, determinati a sostenere il loro leader. Che però non ha avuto l'ambito incarico di governo e anzi ha accusato il compagno di partito di rappresentare solo se stesso.. In uno scenario così esplosivo, la minaccia rappresentata dallo Stato Islamico non solo resta in primo piano, ma s'ingigantisce: anche perché, nonostante i raid aerei Usa sulle postazioni degli ultra-integralisti, costoro hanno messo a segno un nuovo successo strappando ai peshmerga, i combattenti curdi, la strategica Jalawla, situata soli 115 chilometri a nord-est di Baghdad, più due villaggi vicini.Usa a parte, la palla passa adesso all'Unione Europea: la titolare della Farnesina, Federica Mogherini, ha chiesto la convocazione di un Consiglio straordinario degli Affari Esteri e, pur escludendo la partecipazione dell'Italia a un vero e proprio intervento militare nel Paese arabo, ha ammesso che "verifiche tecniche" sono in corso, anche da parte della Difesa, per un eventuale "sostegno all'azione militare" del governo autonomo del Kurdistan per contrastare l'avanzata dei jihadisti dell'Isis e rendere possibile la creazione di corridoi umanitari: in sostanza fornire armi e munizioni ai peshmerga. E' questa la linea che il governo italiano sta delineando, con i ministri degli Esteri e della Difesa Roberta Pinotti, ma serve "un'iniziativa europea" in accordo "con i principali partner", ha spiegato la titolare della Farnesina che, così come il francese Laurent Fabius, ha scritto una lettera all'Alto Rappresentante per la politica estera Ue per valutare la possibilità di fornire armi ai curdi.L'eccidio: sepolti viviAlmeno 500 yazidi sono stati uccisi nei giorni scorsi dai jihadisti dello Stato Islamico a Sinjar, nel nord dell'Iraq. È quanto ha detto domenica il ministro iracheno per i Diritti umani, Mohammed Shia al-Sudani, come riportano i media internazionali. Secondo il ministro, alcune vittime, tra cui donne e bambini, sono state sepolte vive. Inotre 300 donne sono state sequestrate e schiavizzate. "Abbiamo prove evidenti, ottenute dagli yazidi in fuga da Sinjar, scampati alla morte, e anche immagini, che mostrano inequivocabilmente che bande dello Stato islamico hanno giustiziato almeno 500 yazidi dopo aver preso Sinjar", ha detto il ministro.Intanto "circa 50 bambini muoiono ogni
giorno" per mancanza di acqua e di cibo tra le migliaia di
rifugiati yazidi fuggiti sulle montagne intorno a Sinjar. Lo ha detto Vian Dakhil,
deputata della comunità, aggiungendo che "molti altri
moriranno" se non saranno raggiunti dagli aiuti umanitari.Il capo Isis minaccia: «Si convertano, questo è solo l'inizio»"Questo è ancora nulla. Siamo solo
all'inizio", "sino ad ora abbiamo utilizzato solo una minima
parte delle forze che abbiamo a nostra disposizione. Voi non
potete neppure immaginare quanto siamo forti". È l'avvertimento
di Haji Othman, l'uomo dell'Isis che i cristiani fuggiti da
Mosul descrivono come rappresentante del Califfato per i
rapporti con le comunità non musulmane, in un'intervista al
Corriere della Sera.
Contattato dal quotidiano afferma che "non abbiamo mai avuto
paura degli americani, neppure quando nel passato eravamo più
deboli". Ai cristiani che vorrebbero tornare alle loro case di
Mosul e nella piana di Ninive Othman dice "che possono tornare,
saranno i benvenuti. Ma a una condizione: che si convertano
all'Islam. Allora li accoglieremo da fratelli". Se vogliono
restare cristiani, "allora devono pagare la jeziah", una tassa
imposta alle minoranze non islamiche. Infine, l'esponente
dell'Isis afferma che sui crimini contro gli yazidi e le
violenze sessuali sulle donne "sono i media che riportano queste
falsità. Sono menzogne. Noi non facciamo queste cose".