Baghdad. Iraq nel caos. Obama: «Usa pronti»
L'Iraq avrà bisogno di ulteriore assistenza americana. Lo afferma il presidente Usa, Barack Obama sottolineando di monitorare la situazione con preoccupazione."Non escludo nulla" quando si tratta di aiutare l'Iraq a difendesi dai ribelli. In particolare, ha aggiunto il capo della Casa Bianca, "ci saranno a breve termine azioni militari da fare necessariamente in Iraq". Gli Usa, ha detto il presidente, "hanno interesse che i jihadisti non guadagnino terreno in Iraq".Obama precisa che gli Stati Uniti hanno offerto assistenza all'Iraq nell'ultimo anno, incluse "apparecchiature militari, assistenza di intelligence". "Ma quello che abbiamo visto negli ultimi giorni indica che il governo dell'Iraq avrà bisogno di maggiore aiuto. Avrà bisogno di maggiore aiuto da noi e dalla comunità internazionale" spiega Obama, precisando che l'amministrazione lavora a tempo pieno per identificare il tipo di assistenza più efficace". "Non escludo nulla perché" è importante "assicurarsi che i jihaidisti non conquistino una base permanente in Iraq o in Siria".Il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney, ha precisato: "Non stiamo contemplando truppe sul campo", sottolineando che gli Usa sono "molto preoccupati" per la situazione in Iraq, un "partner forte e importante".Baghdad aveva già chiesto un mese fa in via riservata agli Usa di prendere in considerazione l'invio di droni contro i qaedisti. Ora l'avanzata jihadista riapre i giochi e soprattutto evidenza come i conflitti in Iraq e Siria possano riscrivere tutta la mappa del Medio Oriente.Sullo scottante dossier iracheno interviene anche il ministro degli Esteri francese. E rincara la dose: le potenze mondiali devono agire con urgenza in Iraq, o sarà a rischio l'intera regione mediorientale. "L'avanzata dell'Isis - afferma Laurent Fabius - mette seriamente in pericolo l'unità e la sovranità dell'Iraq" ed è "una seria minaccia alla stabilità della regione". "La comunità internazionale - dichiara - deve assolutamente affrontare questa situazione".Gli jihadisti a meno di 100 chilometri da BaghdadProsegue l'offensiva dei miliziani qaedisti dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante (Isis), che dopo aver conquistato martedì Mosul e mercoledì Tikrit, sono arrivati a meno di 100 chilometri dalla capitale. Il portavoce dell'Isis, Abu Mohammed al Adnani al Shami, dai siti jihadisti ha fatto sapere che "la battaglia non è ancora finita, ma continua su Baghdad e Karbala". Secondo fonti irachene, i miliziani sunniti già controllano parti del piccolo villaggio di Udhaim, 90 chilometri a nord di Baghdad; l'esercito ha lasciato le posizioni e si è ritirato nella vicina Khalis. L'esercito iracheno, che bombarda con i caccia le zone controllate dai ribelli, pare per il momento incapace di frenare l'avanzata. Secondo alcune fonti avrebbe riconquistato il controllo di Tikrit, capitale della provincia di Salaheddin e città natale di Saddam Hussein, ma mancano conferme ufficiali.I curdi iracheni hanno invece recuperato con i loro guerrieri peshmerga il controllo di Kirkuk, la ricca città petrolifera nel nord del Paese, da dove le forze governative erano fuggite di fronte ai ribelli sunniti. I curdi da tempo sognavano di conquistare Kirkuk, situata appena al di fuori dalla loro regione autonoma ma considerata la loro capitale storica e ricca di enormi riserve di petrolio. Ora il rimescolamento provocato dalla fulminante avanzata qaedista rischia di ridisegnare i faticosi equilibri interni dell'Iraq, mettendone a repentaglio l'unità territoriale.Sullo stato di emergenza il Parlamento temporeggiaA Baghdad il Parlamento allo sbando, in cui i partiti sunniti osteggiano il premier sciita Nuri al-Maliki, non è riuscito votare sulla proclamazione dello stato d'emergenza richiesta dal governo, per mancanza del quorum.Anche l'Iran promette aiutiL'Iran promette che aiuterà l'Iraq a combattere il "terrorismo" e l'offensiva "selvaggia" dei miliziani qaedisti. Il presidente Hassan Rohani non ha precisato però quale tipo di sostegno militare sarà fornito al governo iracheno, a cui è unito dalla comune matrice religiosa sciita.