Iraq. A Qaraqosh la festa di matrimonio diventa un rogo: 114 morti, 200 feriti
La polizia ispeziona il luogo dell'incendio
Era stata rispettata la normativa anti incendio? Il locale era dotato di uscite di sicurezza? Aveva estintori e materiali ignifughi? E quante persone poteva accogliere? A queste e ad altre domande c'è un'unica risposta: dipende da dov'era scoppiato l'incendio. Se nel centro del mondo globalizzato o in una delle sue periferie.
Iraq settentrionale, provincia di Ninive, distretto di Qaraqosh (o al-Hamdaniya). Serata del 26 settembre. Si festeggia un matrimonio, in quest'area a maggioranza cristiana. Gli invitati sono centinaia. L'evento si tiene al chiuso, in una sala affittata che di fatto è un capannone: al soffitto è appesa una decorazione scintillante, ci sono candele accese. Si balla, si ride, si applaudono gli sposi. È previsto persino uno spettacolo pirotecnico.
Che siano stati i fuochi d'artificio conservati troppo vicino alle candele oppure la scintilla di una girandola o di un razzo che ha raggiunto la decorazione del soffitto: il fatto è che scoppia l'incendio. È un attimo: le fiamme si propagano, pezzi di tetto diventano grossi tizzoni ardenti, la struttura collassa. Da gioia a panico. Senz'argini.
Stamani della festa nuziale restano 114 cadaveri, molti carbonizzati, e circa 200 feriti in ospedale. Un bilancio destinato ad aggravarsi perché numerosi ricoverati hanno ustioni sul 40% del corpo. Gli sposi sono salvi, ma sotto choc.
Una giovane invitata al matrimonio ricoverata in ospedale con ustioni - Reuters
Le prime indagini rivelano che "l'incendio ha portato al crollo di parti della sala a causa dell'uso di materiali da costruzione altamente infiammabili e a basso costo". Il ministro dell'Interno informa che sono stati emanati 4 ordini d'arresto per i proprietari della sala. Anche il presidente Abdul Latif Rashid chiede che si faccia chiarezza.
Il governo federale e quello curdo-iracheno, nonché la missione Onu in Iraq, hanno espresso condoglianze ai familiari delle vittime.
Una tragedia può accadere ovunque: per dolo, colpa o fatalità. Ma la probabilità che accada, e in proporzioni ingenti, non è uguale per tutti. Aumenta se vivi in Iraq. Ma anche in Yemen, in Afghanistan e nelle altre insicure periferie del mondo.
Il patriarca Sako: «Mai così tante vittime nella nostra comunità»
Ad Asianews il patriarca di Baghdad dei caldei, cardinale Louis Raphael Sako, ha detto: "Ho visto di persona la grande aula dove si svolgeva la festa e non è rimasto nulla, tutto distrutto. Ma appare evidente che la costruzione non era a norma. Ho incontrato un prete che ha perso almeno 10 persone della sua famiglia. Sono morti suoi nipoti ancora bambini, fratelli, una tragedia".
I feriti sono curati negli ospedali di Mosul ed Erbil, racconta Sako, "ma quello che impressiona è il numero delle vittime, altissimo. È la prima volta che si conta un numero così elevato di morti per la nostra comunità. Nella strage alla cattedrale, nel 2010, si sono contati una cinquantina di morti, qui il numero è raddoppiato".
"Sto vedendo - aggiunge il cardinale - la solidarietà degli iracheni, di tutti: cristiani, musulmani, curdi, arabi che hanno espresso vicinanza, che si sono offerti per ospitare i bisognosi, che hanno inviato aiuti". La solidarietà "è un segno di speranza, ma non bisogna aspettare queste stragi perché si verifichi: va rafforzata ogni giorno, nella quotidianità, che è anche il modo per evitare che tragedie simili si possano consumare in futuro".
L'esterno della sala dei festeggiamenti come si presentava stamani dopo l'incendio - Ansa