"La Storia giudicherà la decisione" di invadere l'Iraq nel 2003, ha affermato oggi il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, annunciando allo stesso tempo con orgoglio che, "dopo quasi nove anni, la guerra in Iraq finisce questo mese" e i soldati americani tornano a casa "a testa alta, e con onore": da un massimo di 170 mila nel 2007, ne sono rimasti ormai circa seimila, che saranno a casa per le feste di fine anno.Obama ha oggi ricevuto alla Casa Bianca il premier iracheno Nuri al Maliki, per segnare l'avvio di "un rapporto normale tra nazioni sovrane", come ha detto il presidente aggiungendo che l'Iraq ora "affronta grandi sfide, ma riflette anche i grandi progressi che ha compiuto" e comunque "non rimarrà da solo, poiché avrà negli Stati Uniti "un partner sicuro e affidabile".Un partner che però dovrà avviare nuove trattative per stabilire come gli Stati Uniti possano contribuire al cruciale addestramento delle forze di sicurezza irachene. "Vogliamo completare il processo di equipaggiamento dell'esercito iracheno per proteggere la nostra sovranità", ha detto il premier al Mailiki, affermando che ci saranno altri incontri per stabilire i contorni della futura collaborazione militare tra i due Paesi.Una collaborazione che di fatto riguarda anche "la sicurezza regionale", ha detto Obama, ammonendo che "la sovranità irachena deve essere rispettata" e che "le altre Nazioni non devono interferire negli affari interni dell'Iraq", con un riferimento molto poco velato all'Iran. Di certo, l'Iran e la sua "influenza" su Baghdad è stato uno degli argomenti al centro del colloquio tra Obama e al Maliki, così come la Siria, il petrolio, o l'attività dell'ambasciata Usa a Baghdad, la più grande del mondo, dove lavorano circa 16 mila persone.Ma i due leader hanno voluto ricordare i soldati americani morti in Iraq in questi anni - "quasi 4.500", ha detto Obama - presenziando ad una cerimonia ufficiale al cimitero militare nazionale di Arlington, vicino Washington.