Si avvicina il Natale e i cristiani d'Iraq tornano nel mirino del terrorismo, riaprendo scenari da incubo per una comunità ormai rinchiusa dietro muri di protezione e che negli ultimi anni è stata decimata dalla violenza e spinta in diaspora lontano dalla sua terra. Nel giorno in cui a Baghdad una nuova serie di attentati contro ministeri e sedi istituzionali ha gettato nel panico Mossul, nel nord, due autobomba hanno colpito altrettante chiese e una scuola cristiana, per fortuna non facendo - secondo le dichiarazioni lasciate dall'arcivescovo locale ad
Avvenire - alcuna vittima. I 405 km che separano Baghdad da Mossul servono a distinguere due matrici di violenza probabilmente diverse: in vista delle elezioni legislative del prossimo 7 marzo e sei mesi dopo il ritiro delle truppe Usa dai centri abitati (ora in Iraq rimangono 115.000 soldati americani), nella capitale si attacca il governo Maliki - i suoi ministeri - e i suoi sforzi di assicurare la sicurezza. A Mossul i terroristi mirano invece a "ripulire" la città dai non musulmani e a creare nuovi muri, fisici e mentali, in un Paese dove, a sei anni dalla caduta dell'odiato regime, "democrazia" e "libertà" non significano ancora né "sicurezza" né "unità". La prima autobomba ha scosso la chiesa siro-cattolica dell'Annunciazione e la vicina scuola cristiana. L'esplosione non ha fatto vittime, ma solo danni: semidistrutto un muro di cinta del luogo sacro. "In pieno giorno due mine sono esplose davanti alla chiesa", ha detto monsignor George Camoussa, arcivescovo siro-cattolico di Mossul. "Nei pressi della chiesa c'è una scuola cristiana, ma gli alunni sono riusciti a mettersi in salvo", ha aggiunto il prelato. Il secondo attacco è avvenuto "poco dopo, in pieno centro": contro la chiesa siro-ortodossa dell'Immacolata, "dove - secondo Casmoussa - si sono verificati i maggiori danni, perchè nelle vicinanze ci sono negozi, mercati, e la stessa chiesa è molto frequentata dai cristiani ma anche dai musulmani". In questo secondo attentato, secondo fonti della polizia locale, un bambino di appena sette giorni è morto e altre 32 sono rimaste ferite. Gli attacchi di oggi sono solo gli ultimi di una lunga serie iniziata nel 2004 e che un anno fa ha registrato il suo drammatico apice, a Mossul e Baghdad, con ben 12 morti in pochi giorni. Una scia di sangue che sta causando l'estinzione di una delle più antiche comunità cristiane del Medio Oriente: oltre un milione alla fine degli anni '90, i cristiani delle varie chiese d'Iraq sono ridotti oggi - secondo stime non ufficiali - ad appena 350.000. Nella sola Mossul, nell'autunno 2008, ben 13.000 famiglie erano fuggite all'estero o si erano rifugiate in località più sicure, dove negli ultimi mesi si sono iniziati a erigere muri di protezione e recinti sorvegliati. "Questi attacchi - riprende Casmoussa - sono un brutto segnale per noi cristiani, che giunge alla vigilia del Natale e stanno a dimostrare che lo Stato non è padrone della situazione e che la comunità cristiana è sempre più vulnerabile ed esposta a molti pericoli".