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SCONTRO DIPLOMATICO. «Complotto» iraniano, gli Usa studiano sanzioni

Elena Molinari sabato 15 ottobre 2011
Barack Obama vuole punire l’Iran per il complotto ordito ai danni dell’ambasciatore saudita negli Stati Uniti. «Abbiamo prove schiaccianti che il governo di Teheran sta supportando economicamente attività destabilizzanti», ha ribadito Jake Sullivan, alto funzionario del Dipartimento di Stato.Ma nella ricerca del modo più efficace per isolare la Repubblica islamica si trova con le mani legate. Una rappresaglia militare, pur ventilata a parole dal presidente, è in realtà da escludersi. Il Pentagono ha già fatto sapere che non è una risposta realistica e la Casa Bianca sa che le condizioni politiche ed economiche interne non la rendono consigliabile.Il ricorso all’Onu sembra la strada più sicura. Ma in Consiglio di sicurezza Washington è destinata a scontrarsi con l’opposizione di Cina e Russia a sanzioni economiche che lascino il segno – a differenza di quelle rivolte a singole società iraniane o a una manciata di elementi dei pasdaran o dei funzionari e scienziati coinvolti nel programma atomico iraniano messe in pratica finora. Sia Mosca che Pechino non sono infatti disposte a compromettere i loro legami economici e commerciali con Teheran.Ma l’attentato portato alla luce questa settimana ha risvegliato i timori internazionali, soprattutto arabi, di un Iran sempre più arrogante ed armato, e potrebbe fornire un’opportunità agli Stati Uniti. Cercando di approfittare del momento, dunque, l’Amministrazione Usa ha ventilato ieri sanzioni internazionali contro la Banca centrale iraniana come contromisura. È stato il responsabile della politica sanzionatoria americana, David Cohen, a renderlo noto nel corso di un’audizione alla Camera. «Stiamo cercando sostegno internazionale per questa azione che sarebbe molto importante ed efficace», ha detto. L’effetto di un boicottaggio globale delle operazioni finanziarie della banca iraniana creerebbe seri problemi al regime degli ayatollah. Ma anche in questo caso ci saranno rimostranze da parte di Russia e Cina, che sarebbero indirettamente danneggiate.Un’altra possibilità di intervento per gli Usa è tramite l’Aiea. Stando al francese Figaro, l’agenzia Onu per il nucleare sarebbe pronta a rendere noto il «rapporto più duro e più completo mai scritto sull’avanzamento del programma nucleare iraniano», che sostiene che Tehrean «prosegue nel suo cammino verso la bomba». Ma Gill Tudor, capo della comunicazione dell’Aiea, ha smentito: «Al momento non c’è nessun rapporto sull’attività nucleare iraniana».Washington può contare inoltre sulla pressione internazionale esercitata in queste ore dell’Arabia saudita, che non vuole però agire militarmente o in modo unilaterale ma solo per via diplomatica. «Non è la prima volta che l’Iran avrebbe tentato azioni di questo genere», ha detto il ministro degli Esteri, il principe Saud al-Faisal, che non ha escluso di ritirare il suo ambasciatore da Teheran.Intanto la propaganda iraniana mantiene alto il tono della retorica. «Ci saranno gravi ripercussioni se l’Iran fosse attaccato», ha affermato ieri la Guida suprema dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei, aggiungendo che «la crescita del potere della Repubblica islamica è la causa principale degli sforzi delle potenze arroganti per promuovere l’Iranofobia e l’Islamofobia».