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Medio Oriente. Tra minacce e ambiguità si prepara una guerra dagli esiti imprevedibili

Nello Scavo lunedì 5 agosto 2024

Una base di lancio iraniana

Il tabellone dei voli sull’aeroporto di Tel Aviv viene interrogato dai passeggeri e dagli osservatori internazionali, come fosse l’oracolo che dirà quand’è scattata l’ora della guerra tra Iran e Israele. Teheran promette un diluvio di fuoco, e il governo israeliano rilancia, annunciando di avere messo a punto i piani offensivi.

Quando la rappresaglia degli ayatollah pioverà sul territorio israeliano, non si tratterà di un’azione dimostrativa com’era avvenuto lo scorso 15 aprile. Houthi yemeniti, Hezbollah libanesi e altri gruppi sparsi tra Siria e Iraq sarebbero pronti a moltiplicare l’effetto della “vendetta” non solo a beneficio della spettacolarizzazione mediatica.

Naser Kanani, portavoce del Ministero degli Esteri iraniano, ha affermato che non è intenzione di Teheran destabilizzare la regione. «L’Iran agisce nel quadro della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale - ha detto ai media locali - e prende serie misure per proteggere la propria sicurezza nazionale con l’obiettivo di punire l’aggressore, creare deterrenza e difendere la propria sicurezza. La cocente umiliazione per l’assassinio di Haniyeh, il leader di Hamas che si trovava ospite nella capitale iraniana, rivelando smagliature nella sicurezza e possibili infiltrazioni dei servizi segreti di Tel Aviv, alimenta la propaganda del regime e la retorica della «vendetta». Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha parlato il Re di Giordania Abdullah, tentando di trovare un varco diplomatico per decomprimere la tensione internazionale. Il presidente francese Emmanuel Macron si è rivolto ai leader degli Emirati Arabi Uniti e dell’Arabia Saudita, invitando «tutte le parti a dimostrare responsabilità e moderazione per evitare un’escalation regionale».

Il capo del Comando settentrionale israeliano, generale Ori Gordin, ha incontrato gli amministratori locali nel nord di Israele spiegando che i «piani offensivi per il futuro dell’esercito sono pronti», aggiungendo che l’esercito è «determinato a cambiare la situazione al nord del Paese e a riportare a casa i residenti sfollati dopo il 7 ottobre per gli attacchi di Hezbollah». La minaccia sottintesa è che Israele, se messa alle strette, possa tentare di invadere il Libano meridionale per sbaragliare le posizioni di Hezbollah e creare una fascia di sicurezza a protezione dei propri confini settentrionali. Sul campo di battaglia, vorrebbe dire mesi di combattimenti con ricadute regionali imprevedibili. Non meno prevedibile sarebbero gli sviluppi su Gaza. Ieri il ministro delle Finanze israeliano, Bezalel Smotrich, è arrivato a sostenere che bloccare gli aiuti umanitari destinati alla Striscia sarebbe «giustificato e morale», anche se ciò causasse la morte di fame di 2 milioni di civili. Il problema, secondo Smotrich, è che ad ostacolare un simile piano sarebbe la comunità internazionale: «Nessuno - si è lamentato - ci lascerà causare la morte di fame di 2 milioni di civili, anche se potrebbe essere giustificato e morale, finché i nostri ostaggi non saranno restituiti».

Intanto l’indagine interna delle Nazioni Unite ha confermato che 9 membri (su 13 mila) del personale dell’Agenzia per i rifugiati palestinesi (Unrwa) potrebbero essere stati coinvolti nell’attacco di Hamas contro Israele del 7 ottobre 2023.

Se l’attacco è dato per imminente, Teheran gioca le sue carte inviando messaggi contrastanti, alimentando le speculazioni sull’avvio dell’attacco. Dapprima è stato diramato un “Notam”, un messaggio urgente ai piloti dell’aviazione civile, invitandoli a volare alla larga dai settori iraniani da cui potrebbe scattare la reazione con lanci di missili e droni. Poi l’Organizzazione della cooperazione islamica (Oci) ha annunciato, su richiesta dell’Iran, che terrà domania Gedda una sessione straordinaria a livello di ministri degli Esteri «per discutere dei crimini continuati dell’occupazione israeliana contro il popolo palestinese, compreso l’assassinio di Ismail Haniyeh e la sua aggressione contro la sovranità dell’Iran».

Secondo alcuni osservatori, è possibile che Teheran aspetti l’esito di quella riunione per lanciare la rappresaglia. Altri invece non escludono che possa farlo prima, tentando di cogliere di sorpresa Tel Aviv.