La protesta. Iran, 3 giorni di sciopero. Non confermato lo stop alla polizia morale
La chiusura del bazar di Teheran, in solidarietà con le proteste di piazza, in un'immagine del 16 novembre scorso
Negozi e mercati in varie città dell'Iran sono rimasti oggi chiusi, aderendo a uno sciopero di tre giorni indetto da attivisti nell'ambito delle proteste anti governative in corso da settembre. L'iniziativa è stata attuata nella capitale Teheran ma anche a Sanandaj, Isfahan, Bushehr, Shiraz, Kerman, Ardebil, Mahabad, Orumiyeh, Kermanshah e in altre città.
Gli scioperi hanno coinvolto anche autotrasportatori e alcuni lavoratori degli impianti petrolchimici di Mahshahr e delle acciaierie di Isfahan. Dimostrazioni e boicottaggio delle lezioni si sono visti anche in vari atenei iraniani, a due giorni dal 7 dicembre, quando in Iran si festeggia il "giorno dello studente" e il presidente Ebrahim Raisi ha in programma di tenere un discorso in una delle università.
I Guardiani della Rivoluzione hanno dichiarato che le forze di sicurezza non mostreranno tolleranza nei confronti di "ribelli e terroristi".
"La polizia morale è stata abolita". Il regime non conferma: un bluff?
Intanto diventano un caso le parole del procuratore generale: "La polizia morale è stata abolita". Rimbalzate in tutto il mondo come segnale di apertura, non sono mai state confermate dal regime di Teheran. "La polizia morale non ha niente a che fare con la magistratura, ed è stata abolita da chi l'ha creata", aveva detto il procuratore Mohammad Jafar Montazeri rispondendo a una domanda sul perché il famigerato corpo fondato da Ahmadinejad nel 2006 non si veda più in giro. Parole che lasciano aperte interpretazioni distanti da una volontà di cambiare passo sulla repressione. Sui social si rincorrono post di attivisti e di osservatori secondo cui potrebbe anche trattarsi di un diversivo per calmare la tensione.
Come potrebbe essere un bluff l'annuncio che il tema del velo obbligatorio sarebbe in discussione. Il Parlamento e il Consiglio Supremo della rivoluzione culturale hanno detto che stanno studiando e lavorando alla questione e che faranno sapere i risultati nel giro di un paio di settimane, ma senza lasciare intendere altro.
Il ruolo della polizia morale e il caso Mahsa Amini
Sulla questione della polizia morale, non è da escludere che le parole del procuratore possano essere interpretate come l'annuncio di una riorganizzazione in un momento in cui ci sarebbero attriti tra le autorità. A scontrarsi sono due visioni: i conservatori legati alla legge del 1983 che l'ha imposto e i progressisti che vogliono dare alle donne la libertà di scelta. Dalla rivoluzione islamica del 1979 che rovesciò la monarchia sostenuta dagli Stati Uniti, le autorità hanno sempre monitorato che venga rispettato il rigoroso codice di abbigliamento per donne e uomini. Ma è sotto l'intransigente presidente Mahmoud Ahmadinejad che la polizia morale - conosciuta formalmente come Gasht-e Ershad - viene istituita per "diffondere la cultura del pudore e dell'hijab".
Le unità sono state istituite dal Consiglio Supremo della rivoluzione culturale, guidato dal presidente Ebrahim Raisi. Hanno iniziato i loro pattugliamenti nel 2006 per far rispettare il codice di abbigliamento che richiede alle donne di indossare abiti lunghi e vieta pantaloncini, jeans strappati e altri vestiti ritenuti immorali.
Un codice che la giovane curda Mahsa Amini, lo scorso settembre, aveva violato indossando l'hijab ma lasciando fuori ciocche di capelli. Questo le è bastato per essere punita, secondo quanto denuncia la famiglia, dalla polizia morale fino a ridurla in coma e causarne la morte. Da quel giorno un'ondata di manifestazioni, represse nel sangue, ha attraversato il Paese, in particolare i grandi centri urbani e le zone curde. Il bilancio sarebbe di almeno 448 persone uccise, tra cui 60 di età inferiore ai 18 anni e 29 donne, secondo l'ultimo rapporto dell'ong Iran Human Rights (Ihr) con sede a Oslo. Per le Nazioni Unite sarebbero già 14mila gli arresti, mentre proseguono le proteste e le repressioni.