La strage di Kerman. Il Daesh rivendica l'attentato. L'Iran: «Terrorismo eterodiretto»
Il presidente iraniano Raisi a una cerimonia di commemorazione nel quarto anniversario dell'uccisione del generale Soleimani (nella foto a destra). Alle sue spalle l'immagine dell'ayatollah Khomeini
All'indomani della strage di Kerman, il cui bilancio ufficiale è stato rivisto a 84 vittime (non 103) e 284 feriti di cui 220 ancora in ospedale, è arrivata su Telegram la rivendicazione dello Stato islamico (Daesh/Isis). Come già indicato su X dal sito della Magistratura iraniana, Mizan, citando «alcuni rapporti sui media». Un alto funzionario dell’amministrazione Usa, parlando a condizione di anonimato, aveva detto ai giornalisti che «sembra un attacco terroristico, il tipo di cose che il Daesh ha fatto in passato, ed è quello che stiamo ipotizzando in questo momento». Dietro la sigla dello Stato islamico si nasconde ormai una galassia di gruppi terroristici, per cui non è chiaro a chi sia ascrivibile nello specifico l'esecuzione dell'attentato. Tantomeno chi ne sia il mandante.
Due kamikaze. L'attentato più cruento nella storia dell'Iran
L'attentato è stato condotto da due kamikaze - si è accertato oggi - ed è il più cruento della storia della Repubblica islamica dell'Iran, nata dalla rivoluzione khomeinista del 1979. È avvenuto a quattro anni esatti dall'uccisione del generale Qassem Soleimani, comandante delle forze Qods delle Guardie della rivoluzione, ordinata dall'allora presidente Usa Donald Trump e avvenuta in Iraq con un drone. Per Teheran il generale Soleimani è una sorta di eroe e anche di recente il regime ha minacciato rappresaglie per vendicarlo. Nell'anniversario della morte, una grande folla era radunata attorno alla sua tomba nel cimitero di Kerman per la commemorazione. Due ordigni esplosi a breve distanza, addosso ad altrettanti uomini bomba, hanno causato la strage.
Il ritratto di Soleimani tra i partecipanti alla commemorazione di ieri, prima dello scoppio degli ordigni che hanno provocato almeno 84 morti - Ansa
Un atto di terrorismo, che ha colpito indiscriminatamente tra la gente, seminando morte e panico e mirando a destabilizzare il regime. Un ulteriore evento incendiario piombato sulla scena mediorientale, già ampiamente infiammata a cominciare dalla guerra tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza passando per i fronti libanese degli Hezbollah e yemenita degli Houthi, entrambi filo-iraniani, per arrivare alla galassia dell'estremismo islamico dal Daesh/Isis ai vari gruppi jihadisti. A ciò si aggiungono, in Iran, la dissidenza interna e i separatismi curdo e del Beluchistan. Su tutto, quelli che Teheran considera i suoi nemici assoluti: gli Stati Uniti e Israele. E contro i quali il regime ha subito puntato il dito, in mancanza di maggiori indiziati. Già ieri il dipartimento di stato americano aveva negato ogni coinvolgimento e il portavoce del Consiglio di sicurezza della Casa Bianca, John Kirby, aveva aggiunto: «Non abbiamo indicazioni che Israele sia coinvolto».
Le accuse "ufficiali" a Israele e Usa
Benché l'intelligence iraniana non indichi un coinvolgimento di Tel Aviv, la linea ufficiale resta quella di incolpare Usa e Stato ebraico. Fino ad accusarli di avere "usato" i terroristi. Il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha detto, riferendosi agli israeliani: «Stanno cercando disperatamente di seminare insicurezza in altre aree della regione a causa dell'attacco globale contro di loro e del fallimento nel raggiungere i risultati che si aspettavano». Nello stesso colloquio telefonico con l'emiro del Qatar, Tamim bin Hamad bin Khalifa Al Thani, Raisi ha aggiunto che l'Iran «ha dimostrato che gli atti di terrorismo non possono intaccare la sua volontà, la coesione nazionale e lo spirito di resilienza».
L’alto consigliere del presidente Mohammad Jamshidi ha scritto su X: «Washington dice che gli Stati Uniti e Israele non hanno avuto alcun ruolo nell'attacco terroristico a Kerman, in Iran. Davvero? Una volpe prima fiuta la propria tana», ha scritto. «Non sbagliatevi: la responsabilità di questo crimine ricade sugli Stati Uniti e sui regimi sionisti e il terrorismo è solo uno strumento».
Le tre ipotesi sui mandanti
Le ipotesi in campo su chi stia effettivamente dietro al sanguinoso attentato di Kerman sono riconducibili a tre scenari.
Il primo: Israele e Stati Uniti, come da accuse ufficiali di Teheran. Ma qui siamo di fronte a un attentato con centinaia di vittime, la matrice è terroristica. Oltretutto è arrivata la rivendicazione. Israele non è nuova a incursioni mirate nel territorio di altri Paesi mediorientali, ma si tratta appunto di azioni con obiettivi specifici come il raid che, martedì scorso a Beirut, ha ucciso il numero due dell'ala politica di Hamas Saleh Arouri. Non certo ordigni esplosivi in mezzo alla folla. Oltretutto fra le vittime non risultano elementi di spicco politici o militari. L'unico obiettivo era la destabilizzazione. Quanto agli Usa, nell'anno delle elezioni presidenziali ampliare i fronti di guerra è l'ultimo dei loro interessi. Questo attentato non fa il gioco di Tel Aviv né di Washington.
Secondo scenario: il separatismo interno dei curdi e dei beluci. Nessuno ha rivendicato in tal senso e appare la pista meno convincente anche perché queste minoranze non di dispongono di grossi mezzi né militari né finanziari. Difficile pensare che possano servirsi del Daesh. Resta in piedi l'ipotesi di «elementi salafiti-jihadisti» delle minoranze «beluci o curde o simili, ispirati dall'ideologia del Daesh», sostiene Meir Livak, docente di Storia del Medio Oriente all'università di Tel Aviv sentito dall'Adnkronos. «Ci sono stati attacchi simili in Iran, uno contro il Majlis (parlamento) compiuto da combattenti dell'opposizione curda, e due attacchi a Shiraz, l'ultimo dei quali ad agosto. All'epoca lo Stato Islamico fu apertamente accusato», ricorda Litvak.
Terzo scenario: il terrorismo targato Daesh/Isis, o comunque riconducibile a quella galassia, eventualmente diretto dall'esterno. Ipotesi che sarebbe confermata dalla rivendicazione, anche se resta da chiarire chi si celi veramente dietro la sigla ormai vaga del Daesh. E se ci siano, come sostiene il regime, mandanti diversi dai terroristi che hanno eseguito il crimine. Sulla scena mediorientale può esserci chi ha interesse politico ed economico a destabilizzare l'Iran. E non si tratta di Usa o Israele.
Come reagirà Teheran. Evitare l'escalation militare
Nonostante la retorica e le accuse ai «sionisti», secondo il New York Times la Guida Suprema dell'Iran, l'ayatollah Ali Khamenei, sta cercando di evitare che l'attentato a Kerman sfoci in un'escalation militare con gli Stati Uniti e Israele. Citando due persone «che hanno familiarità con le discussioni interne dell'Iran», il quotidiano scrive che Khamenei avrebbe ordinato ai suoi capi militari di esercitare «pazienza strategica» ed evitare qualsiasi grave escalation con gli Usa, limitando gli attacchi per procura da parte delle milizie sciite alle basi militari in Siria e in Iraq e riducendo al minimo le risposte a qualsiasi presunta operazione israeliana all'interno della Repubblica islamica.
Del resto, neanche quattro anni fa dopo l'uccisione di Soleimani, peraltro rivendicata dagli Usa, c'erano state reazioni militari eclatanti da parte di Teheran. Il regime deve far fronte a una forte dissidenza interna e, ragione più forte, è impegnato nelle trattative con Washington sul nucleare. Dal Libano difficilmente troverebbe un forte alleato nel gruppo Hezbollah, che non va oltre le scaramucce sul confine con Israele: il Paese dei Cedri è alle prese con una pesante deriva economica e lo stesso "Partito di Dio" registra un calo di consensi.
L'escalation mediorientale: ucciso in Iraq un leader filo-Iran
L'Iraq ha accusato la coalizione anti-jihadista guidata dagli Stati Uniti di un attacco che ha ucciso un alto comandante e altri due membri di una fazione filo-iraniana a Baghdad. «Le forze armate irachene ritengono responsabili di questo attacco le forze della coalizione internazionale», ha affermato in un comunicato l'ufficio del primo ministro Mohamed Shia al-Sudani, definendolo una «pericolosa escalation e aggressione».
L'attacco mirato è avvenuto con droni. Sono rimasti uccisi il vice comandante delle operazioni per Baghdad, Mushtaq Talib al-Saidil, e altri due membri dell'Hashd al-Shaabi che raggruppa fazioni armate vicine all'Iran e ferocemente anti-americane. Ferite altre quattro persone. Gli Usa non hanno commentato.