Le proteste. Iran, accolti i ricorsi di due condannati a morte
Donne con il velo al Gran Bazaar di Teheran
La Corte Suprema dell'Iran ha accolto oggi il ricorso di due giovani condannati a morte per aver partecipato alle proteste contro il governo. Le condanne sono sospese, i processi andranno rifatti. Si tratta di uno dei pochissimi spiragli di apertura da parte del regime di Teheran che da quattro mesi sta attuando una violenta repressione da quando in settembre sono esplose in varie città grandi manifestazioni anti governative dopo la morte di Mahsa Amini, la 22enne di origine curda che ha perso la vita dopo essere stata messa in custodia dalla polizia morale perché non portava il velo in modo corretto.
Mohammad Ghobadlou, 22 anni, era stato condannato a morte con l'accusa di aver partecipato all'uccisione di un agente di polizia durante le proteste. Secondo Amnesty International soffre di disturbi bipolari e si sottopone a cure psichiatriche dall'età di 15 anni. Picchiato e torturato, aveva confessato di aver investito un agente di polizia durante le proteste.
La Corte Suprema ha accolto anche il ricorso del 19enne Mohammad Boroughan che era stato condannato a morte con l'accusa di aver aggredito e ferito un agente di polizia e di aver incendiato l'ufficio del governatore a Pakdasht, vicino a Teheran.
Tre giornaliste arrestate in 48 ore
Non solo manifestanti ma anche giornalisti. La Repubblica islamica continua ad arrestare reporter che hanno scritto sulle dimostrazioni anti governative. Tra sabato e domenica, tre giornaliste sono state imprigionate. Una di loro, Melika Hashemi, dell'agenzia Shahr, è stata detenuta non appena arrivata al tribunale del famigerato carcere Evin di Teheran, conosciuto come la prigione dei dissidenti politici, dove era stata convocata per "alcune spiegazioni". A finire in carcere ad Evin anche la giornalista Saideh Shafiei, mentre la reporter Mehrnoush Zarei Hanzaki è stata portata in prigione dopo essere stata prelevata direttamente nella propria abitazione, come già era successo ad altri giornalisti.
Secondo il quotidiano riformista Etemad, sono almeno 79 i giornalisti iraniani finiti in carcere dall'inizio delle proteste. Molti di loro sono stati rilasciati successivamente su cauzione ma 33 si trovano ancora dietro le sbarre e già in ottobre oltre 300 reporter iraniani avevano firmato una lettera aperta che criticava il governo per avere "arrestato i (loro) colleghi e averli privati dei loro diritti", compreso l'accesso ai legali.
Decine di migliaia i dimostranti incarcerati, 4 impiccati
Sono oltre 19.500 le persone messe in custodia durante le proteste, secondo i dati dell'agenzia degli attivisti iraniani dei diritti umani Hrana, che denuncia anche la morte di 525 persone durante violenti scontri con le forze dell'ordine.
Tra i dimostranti incarcerati, molti hanno ricevuto dure pene detentive ma anche la condanna all'impiccagione che è già stata eseguita per quattro di loro.
Nuove sanzioni dall'Ue. Teheran annuncia ritorsioni
La severa reazione della Repubblica islamica alle manifestazioni è stata regolarmente criticata dal mondo occidentale in questi mesi scatenando l'ira degli ayatollah che si sono scagliati contro Europa e Usa accusandoli di interferire negli affari interni dell'Iran. Teheran ha duramente contestato l'emendamento recentemente approvato dal Parlamento Europeo che chiede l'inserimento delle Guardie della Rivoluzione nella lista delle organizzazioni ritenute terroriste dall'Unione Europea e oggi il vice presidente della Commissione parlamentare per gli Affari Interni Mohammad Hassan Asfari ha fatto sapere che l'Iran sta valutando "in modo urgente" di chiudere lo stretto di Hormuz alle navi commerciali europee come ritorsione per la decisione approvata da Strasburgo sui pasdaran.
Dopo il varo del quarto pacchetto di sanzioni Ue contro Teheran, oggi il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, ha twittato: "Al popolo iraniano: vi sentiamo. L'Ue continuerà a sostenere la vostra aspirazione alla libertà e alla dignità. Il quarto pacchetto di sanzioni adottato oggi è un chiaro messaggio che non rimarremo con le mani in mano davanti alle violazioni dei diritti umani in Iran".