La storia. Manca l'ossigeno in ospedale: colletta tra i poveri salverà i malati in Perù
Uno dei due ospedali di Iquitos sovraffollato di malati
Sembrava impossibile. La fame disperata di ossigeno cresceva di ora in ora, insieme ai malati di Covid. E, domenica mattina, i due ospedali di Iquitos, nel cuore dell’Amazzonia peruviana, avevano già finito le scorte. Gli impianti che lo producono non coprono nemmeno la metà della richiesta di 500 bombole al giorno. I medici, dunque, non hanno potuto fare niente per i due colleghi ricoverati d’urgenza in crisi respiratoria: sono morti a poca distanza l’uno dall’altro. «Erano settimane che la gente veniva a chiederci aiuto. Avevano necessità di ossigeno, ma non se ne trovava e non potevamo far nulla per loro», racconta padre Miguel Fuertes, vicario apostolico della città. L’ultima doccia fredda era arrivata dal governo che, dopo la promessa di scorte, s’era tirato indietro. Sembrava non esserci più speranza per i malati di Iquitos.
Quella tragica domenica, però, padre Miguel, s’è fatto coraggio e ha proposto: «E se comprassimo un nuovo impianto per la produzione di ossigeno?». L’idea era in apparenza irrealizzabile dato il costo proibitivo. Padre Miguel, però, non si è arreso. «Ho pensato che se univamo le forze, avremmo potuto farcela». Alle 10 del mattino di domenica, così, il vicariato ha lanciato la “colletta straordinaria”. «E tanti, tantissimi hanno aderito subito. A cominciare dai più poveri. Molti hanno donato 5 soles, meno di un euro, tutto ciò che potevano. Altri, oltre al denaro, hanno offerto i loro servizi professionali per portare e montare l’apparecchio. All’iniziativa, inoltre, loro si sono unite persone dal resto del Paese. E peruviani emigrati all’estero. La gente ha sentito che si stava aprendo uno spiraglio per tutti. Chiunque può essere colpito dal virus e avere necessità dell’ossigeno», racconta il vicario apostolico. In meno di 24 ore, la Chiesa di Iquitos ha raccolto più del doppio della somma necessaria per acquistare l’apparecchiatura: 1,5 milioni di soles, equivalenti a circa 380mila euro. «Subito ci siamo messi all’opera per comprarla. Non è facile, data la domanda. Gli impianti industriali sono ormai introvabili: ci vogliono mesi per averne uno. Abbiamo dovuto accontentarci di un apparecchio più piccolo, in grado di produrre 30 bombole al giorno». Già domani, il mini impianto raggiungerà Iquitos. Nel frattempo, il vicariato si è messo sulle tracce di un secondo apparecchio. «Speriamo di trovare qualcosa di intermedio, da almeno 60 bombole al giorno», conclude padre Miguel.
Con oltre 58mila contagi e più di 1.700 morti, il Perù è il secondo più colpito dal coronavirus in America Latina. La regione di Iquitos – dove si concentra quasi la metà dei casi – è particolarmente fragile a causa delle carenze storiche del sistema sanitario già provato dalla tremenda epidemia di dengue dell'anno scorso. Ospedali e centri medici, dunque, sono al collasso.