«Un evento dal valore simbolico, ma con scarse ripercussioni sul piano pratico. Altro effetto avrebbe avuto, un anno fa, la dichiarazione unilaterale di indipendenza in Consiglio di sicurezza». Così Francesca Biancani, professore di Storia e istituzioni del Medio Oriente all’Università di Bologna, ridimensiona dal suo punto di vista il peso dell’evento.
Le decisioni dell’Assemblea generale non hanno potere vincolante. Eppure Stati uniti e Israele hanno fatto di tutto per evitare che il riconoscimento avesse luogo. Perché?Perché comunque l’iniziativa del presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen esula da un percorso negoziale su cui Washington e Israele vogliono avere il controllo. In ogni caso, sono abbastanza scettica sui reali effetti sul processo di pace. Semmai per l’Anp ci saranno ripercussioni di tipo economico, se gli Stati Uniti decideranno di ridurre la loro quota di aiuti alle agenzie preposte.
Quale dunque il bilancio per il presidente Abu Mazen?Direi che quanto successo ha un significato soprattutto interno nella guerra fredda intra-palestinese con Hamas. Abu Mazen era disperatamente alla ricerca di un modo per uscire dall’angolo in cui Hamas l’ha costretto. In particolare, dopo l’ultima crisi fra Gaza e Israele, che ha visto l’Anp pressoché assente. Questo riconoscimento simbolico all’Onu gli ridà legittimazione presso la popolazione palestinese.
La reazione di Hamas all’iniziativa dell’Anp è stata duplice.Sì, e questo evidenzia la spaccatura persistente all’interno del movimento di resistenza: Khaled Meshaal, leader politico all’estero, ha appoggiato il presidente Abu Mazen con una dichiarazione ufficiale (il 26 novembre), Ismail Haniyeh e Mahmoud Zahar, cioè la leadership nella Striscia di Gaza, ne hanno invece minimizzato il significato.
Si può immaginare, in questo contesto, una riconciliazione fra Hamas e Fatah, quando neanche Hamas è compatto?Non credo. Anche perché Hamas ha problemi ben più grandi con jihadisti e salafiti in arrivo dal Sinai.
Quindi la tregua raggiunta con Israele può essere definita uno spiraglio insperato?Credo sia il miglior risultato che ci si potesse attendere, visto il peso crescente dei sostenitori della guerra guerreggiata. Non so quanto durerà, ma se pensiamo che i militari premono sul governo di Benjamin Netanyahu e che le formazioni radicali fanno lo stesso su Hamas a Gaza capiamo quanto sia fosco il quadro generale in cui è stato raggiunto un accordo.
Ora però i giochi si spostano al di fuori di Gaza, con Egitto e Iran a tessere le trame più complesse.Mi preme evidenziare come il Medio Oriente sia ormai autoreferenziale: anche la seconda amministrazione Obama, come la prima, è inesistente. Non parliamo poi dell’Ue, frammentata più che mai. È una fase epocale di riconfigurazione geopolitica, il disegno del grande Medio Oriente di George W. Bush appartiene davvero al passato.