Mondo

L'INTERVISTA. Scattolin: «Esiste un islam che dialoga ma i musulmani non lo sanno»

Paolo Viana venerdì 7 gennaio 2011
Quando Ahmed al-Tayyeb è diventato sheikh della moschea di al-Azhar, cuore dell’islam sunnita, lui ha scommesso su una «nuova fase nelle relazioni islamo-cristiane». Per padre Giuseppe Scattolin, docente al Cairo e uno dei massimi esperti di mistica islamica, l’imam era una «persona di grande cultura, di apertura e dialogo» e tale resta anche dopo «la sua secca replica alle parole del Papa». La quale «è stata esasperata, del resto lui stesso ha precisato il suo punto di vista». Il riferimento è all’intervista apparsa sul Corriere della Sera, nella quale al-Tayyeb chiede a Benedetto XVI «un messaggio di pace ai musulmani».Tutto risolto, dunque?Conosco bene l’attuale sheikh di al-Azhar – ci accomunano gli studi sul sufismo, da cui lui stesso proviene – che sostiene il dialogo con grande convinzione, è un uomo di incontro, non di scontro. Nell’intervista insiste sul fatto che il recente attentato è un crimine condannato da tutte le religioni, che prende di mira non solo i cristiani ma l’unità dell’Egitto. Inoltre, si augura un’iniziativa comune da parte di tutte le religioni per condannare ogni tipo di violenza sul campo della libertà religiosa: potrebbe chiarire molti equivoci.Quali sono le responsabilità dei cristiani in questa situazione?I copti si sentono assediati e nel corso della storia hanno sviluppato un forte senso di autodifesa; anche il dialogo ecumenico con loro è difficile. Le sette cristiane, poi, mediante i canali satellitari diffondono messaggi aggressivi nei riguardi dell’islam e gli estremisti islamici fanno lo stesso, come ha denunciato anche Adel Imam, un popolare attore egiziano. Non dimentichiamo che il fondamentalismo musulmano rappresenta una crisi politico-ideologica analoga a quella che abbiamo vissuto noi nei secoli XIX e XX. Da due secoli l’islam si incontra e si scontra con la modernità. È successo anche alla Chiesa, che ha accettato il positivo della modernità, la ricerca scientifica razionale, i diritti universali della persona umana, ecc. Per l’islam la questione è ancora sospesa; queste esplosioni di violenza ne sono il segno. Occorrerebbe una «purificazione della memoria», per rifiutare la violenza presente nella storia di tutti. In Occidente si dice che non si può dialogare con una cultura che non dà valore alla persona umana. Cosa risponde?È un’asserzione errata sul piano storico, filosofico, filologico… Nel messaggio coranico l’essere umano è qualificato come servo di Dio (cioè in dipendenza diretta da Lui), e rappresentante di Dio (cioè responsabile del creato in suo nome) e immagine di Dio (cioè chiamato a rivestirsi delle qualità divine, pensiero comune nella tradizione sufi). Come si fa a dire che la persona umana non abbia spazio nella visione musulmana? Per l’islam l’uomo porta in nuce le qualità divine espresse nei famosi “nomi divini” ed esiste una pedagogia sufi che permette di scoprirli dentro di sé e realizzarli. L’incarnazione divina è qualcosa di inconcepibile, è vero, ma l’umanità non viene per questo svalutata. Un detto coranico afferma che «uccidere un uomo è uccidere l’umanità intera». Perché i musulmani moderati non riescono a essere decisivi?L’Occidente conosce solo quel che è veicolato dai media, ma ci sono iniziative di dialogo anche da parte islamica. Dopo Ratisbona un gruppo di saggi islamici scrisse la «Lettera dei 138» in cui proponeva come punto di incontro l’amore per Dio e per il prossimo. Questa iniziativa poteva portare ad un dialogo fecondo ma è rimasta in gran parte lettera morta, mentre avrebbe dovuto essere diffusa, a partire dalle scuole. Numerosi pensatori musulmani stanno sviluppando un discorso critico e moderno all’interno dell’islam, ma hanno poca visibilità. Ricordo Nasr Hamid Abu Zayd, che ha proposto un’interpretazione moderna del Corano. In Tunisia ci sono pensatori riformisti, sulla traccia di Muhammad al-Jabri. Qui la società filosofica egiziana porta avanti discorsi simili. Occorrerebbe dare loro tribune più visibili per esporre il loro pensiero alle masse islamiche, dominate da un pensiero salafita, chiuso, tradizionale, e aggressivo. Iniziative come il Meeting del Cairo di poche settimane fa aiutano questo percorso.