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Intervista. Il vicepresidente Mourou: «Il bersaglio è il governo»

Paolo Viana venerdì 20 marzo 2015
«Ci sono pochi metri da percorrere a piedi, se avessero voluto i terroristi avrebbero seminato la morte all’interno del Parlamento». Tuttavia, gli uomini dello Stato Islamico «non passeranno». Non passeranno malgrado «la stagione delle manipolazioni». Perché «quello che sta succedendo è contrario alla nazione tunisina e contrario alla nostra religione»... La voce dell’avvocato Mourou cresce di volume eppure resta cupa, al telefono da Tunisi. Più passano le ore e più si delinea il disegno degli attentatori, quello di rovesciare la debole democrazia tunisina, che si regge sull’accordo di governo tra Nidaa Tounes, il partito del presidente Beji Caid Essebsi, e il partito islamico moderato Ennahda, di cui Abdelfattah Mourou, vicepresidente del parlamento tunisino, è il numero due. Iniziamo dalla fine: un sito internet, Tunisie-Secret, sostiene che esiste una foto in cui Lei siede a pranzo con uno degli attentatori, descritto come «un militante del partito islamico Ennahda». Si tratterebbe di Saber Kachnaoui, ucciso insieme a Yassine Laabidi dopo l’assalto al museo. Cosa risponde?Che è un falso, assolutamente falso. La persona ritratta in quelle foto è un’altra, non è l’attentatore di Tunisi, vive a Djerba, è stato ritratto insieme a me nel 2011 e si è già recato dal procuratore per denunciare chiunque sostenga che si tratta di un terrorista. Il fatto che, a poche ore da un assalto così terribile ai turisti, a due passi dal Parlamento tunisino, sia già iniziata la manipolazione delle notizie è inquietante. Chi cerca di gettare fango su Ennahda sono le stesse persone che ci hanno accusato in passato, ricordiamo le polemiche e le accuse seguite alla morte di Chokri Belaid... È una strategia nota, che punta a indebolire il governo, nato solo pochi mesi fa, e la nostra democrazia, che ha quattro anni di vita. Quanto è totale la vostra condanna del terrorismo?Vi ricordo che io sono stato una delle prime vittime del terrorismo (Mourou è stato vittima di un’aggressione nel 2012), che combatto per il mio Paese da quarant’anni, che mi sono sempre schierato contro il terrorismo e che sono stato perseguitato dagli estremisti persino quando mi trovavo fuori dalla Tunisia. Ha detto che il Parlamento è a due passi dal luogo dell’attentato. Il cuore delle istituzioni tunisine dunque è stato in pericolo?I terroristi hanno puntato sul Museo ma potevano assalire il nostro Parlamento. È grave ma è così.Qual è il significato politico di questo gesto?Mi rifiuto di parlare di significato politico quando si fa strage di turisti e si attenta a una democrazia che è patrimonio di tutto il popolo. L’unico significato di quel che è avvenuto, infatti, va cercato nella reazione della Tunisia: adesso siamo tutti uniti contro l’orrore dello Stato Islamico e convinti della necessità di rafforzare la legislazione contro il terrorismo.Tremila giovani hanno scelto di diventare foreign fighters...È un problema ma non perdiamo di vista l’obiettivo: difendere la nuova Tunisia, quella per cui tanti altri giovani hanno fatto la rivoluzione. Dovreste capirci proprio voi italiani, che avete avuto le Brigate Rosse, che avete visto intere generazioni sbandare per seguire il marxismo.Quei ragazzi seguono dunque la strada sbagliata?Quello che è successo è contro la nostra nazione ed è contro la nostra religione. Perché lo Stato Islamico avanza nel Nord Africa?Avanza nei Paesi retti da governi deboli, dall’Iraq alla Somalia, dalla Siria alla Libia, ma in Tunisia non passerà. Noi non ci stancheremo mai di combattere. La Tunisia ha la forza per fermarlo?Noi non abbiamo tutti i mezzi necessari, tuttavia i popoli amici devono sapere due cose: che faremo la nostra parte e che abbiamo bisogno del loro aiuto come loro hanno bisogno del nostro. Ma non ci fermeremo e i terroristi non passeranno.