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DIRITTI NEGATI. India, cristiani senza giustizia

Stefano Vecchia sabato 24 marzo 2012
Un’India per molti aspetti inaspettata, quella emersa dal rapporto annuale sui «Peggiori responsabili di violazione della libertà religiosa» da poco diffuso dalla Commissione degli Stati Uniti sulla libertà religiosa internazionale (Uscirf), ente bipartisan del Congresso e della Camera.In particolare, il rapporto diffuso nei giorni scorsi si concentra sulla lentezza evidente delle autorità indiane nel giudicare per le violenze su larga scala, soprattutto quelle che hanno colpito i musulmani in Gujarat nel 2002 e i cristiani in Orissa nel 2008. La reazione – sottolinea il rapporto – è lenta e poco efficace, con un sistema giudiziario antiquato «che crea un clima di impunità». In compenso «intimidazioni, vessazioni e violenza intermittente su in ambiti limitati continuano contro gli appartenenti a fedi minoritarie, soprattutto contro i cristiani in Stati che si sono dati leggi contro la conversione».Il presidente di Uscirf, Leonard Leo, presentando il rapporto che include anche Afghanistan, Bielorussia, Cuba, Indonesia, Laos, Russia, Somalia e Venezuela ha sottolineato che «Paesi che non sono in grado di garantire diritti umani fondamentali, incluso quello di pratica religiosa, sono terreno fertile per povertà e insicurezza, guerra e terrore; terreno di coltura per movimenti e attività violenti e radicali».Una serie di considerazioni che per quanto riguarda il grande Paese asiatico sono in linea con le preoccupazioni espresse dalla Chiesa e dagli attivisti cattolici. Ultima occasione, l’incontro di martedì scorso a New Delhi di una delegazione di cristiani dell’Orissa con il Relatore speciale delle Nazioni Unite sulle esecuzioni extragiudiziarie, sommarie o arbitrarie, Christof Heyns. Come conferma Uca News, la delegazione, guidata da S.D.J.M. Prasad, segretari generale della Campagna nazionale per i diriti umani dei dalit, ha informato Heyns sulle uccisioni di loro congiunti e sull’inefficienza delle forze dell’ordine nel prevenire le morti e le devastazioni del 2008. «Siamo venuti a Delhi per informare la più alta autorità al mondo e perché ci aiuti a ottenere giustizia», ha detto alla fine dell’incontro Kanakrekha Nayak, che ha perso il marito nelle violenze dell’agosto di quattro anni fa.Compito di Heyns sarà di preparare un rapporto sulle uccisioni extragiudiziarie in India e di sottoporlo all’Ufficio dell’Alto Commissari per i Diritti umani a Ginevra in vista di un dibattito all’Onu, a maggio, che sta diventando per molti in India un obiettivo importante, forse l’ultimo, per far conoscere insieme il dramma delle minoranza oppresse dal fanatismo religioso ma anche l’incapacità, spesso colpevole delle autorità a fare giustizia.«Assistiamo a palesi violazioni della libertà religiosa non soltanto nel nostro Stato, ma in tutta l’India», ha detto il vescovo Sarat Chandra Nayak di Berhampur, in Orissa, riconoscendo l’«obiettività» del rapporto Usa. «Noi abbiamo già sottoposto alle Nazioni Unite un documento sulla libertà religiosa frutto della collaborazione di molti gruppi e il rapporto Uscirf non fa che rafforzare la nostra causa», ha specificato il pastore.