Il voto in India. Modi, al governo da 10 anni, verso la vittoria (con brivido)
Sostenitori del partito nazionalista indù a New Delhi
Niente valanga di voti. Niente plebiscito. Niente «super maggioranza». E persino niente maggioranza assoluta. Le urne della più popolosa democrazia al mondo sembrano consegnare un verdetto a sorpresa: Narendra Modi vince ma la sua vittoria è risicata, fragile. Tanto che il premier indiano dovrà inoltrarsi «in un territorio inesplorato», dopo un decennio di dominio assoluto sulla politica indiana, a caccia di alleati. Modi ha comunque rivendicato sui social la vittoria per il terzo mandato. "La gente ha riposto la propria fiducia nell'Nda (Alleanza Nazionale Democratica) per la terza volta consecutiva", ha scritto. "Questa è un'impresa storica".
Mentre veleggia, dunque, verso una vittoria non così solida e una stagione fitta di incognite, dopo dieci anni di governo, il premier indiano Narendra Modi è sul banco degli imputati. A finire nel mirino è la retorica apertamente islamofoba che ha contrassegnato la campagna elettorale del “suo” partito nazionalista indù Bharatiya Janata Party (Bjp). Con un salto di qualità. Mentre Modi appariva più defilato rispetto al partito, nelle ultime settimane della campagna elettorale ha sfoderato toni e argomentazioni sempre più aggressivi. In una manifestazione elettorale del 21 aprile 2024, Modi ha chiamato i musulmani «infiltrati». In un altro comizio ha affermato che se il più grande partito di opposizione indiano, l’Indian National Congress, salisse al potere, la ricchezza degli indù verrebbe rubata e donata alle comunità che «hanno troppi figli», un riferimento neanche troppo velato ai musulmani.
«Ciò che è unico in ciò che abbiamo visto di recente, è che queste dichiarazioni sono state pronunciate dallo stesso Primo Ministro» ha spiegato alla Cnn Milan Vaishnav, membro senior e direttore del Programma per l’Asia meridionale presso il Carnegie Endowment for International Peace. Ancora più duro il giudizio del ricercatore politico ed editorialista Asim Ali: Modi «sta dipingendo i musulmani come una minaccia esistenziale per gli indù». Come scrive la Bbc, da quando il partito nazionalista indù Bharatiya Janata Party (BJP) è salito al potere nel 2014, i 200 milioni di musulmani del Paese vivono in stato di fibrillazione perenne. E paura. «L’incitamento all’odio anti-musulmano è aumentato: tre quarti degli incidenti sono stati segnalati da stati governati dal BJP». «I musulmani sono diventati cittadini di seconda classe, una minoranza invisibile nel loro stesso Paese» è l’amara costatazione dello scrittore Ziya Us Salam.
La difesa è affidata a Syed Zafar Islam: «Non c'è motivo per cui i musulmani siano ansiosi», che attribuisce la crescente islamofobia a «media irresponsabili». «Un piccolo incidente avviene da qualche parte, e i media lo amplificano come se non fosse mai successo prima. In un Paese di 1,4 miliardi di persone, diversi incidenti simili possono verificarsi tra comunità o all'interno delle comunità. Ma non si possono generalizzare».
Niente “super maggioranza” per il Bjp
Al quartiere generale del partito di Modi a New Delhi c’è un’aria di festa “contenuta”. «No, probabilmente non raggiungeremo la soglia dei 400 seggi, ma il Bjp otterrà da solo la maggioranza e formerà il governo» ha detto Alka Goel, un sostenitore del partito che non nasconde la delusione per il mancato raggiungimento della “super maggioranza” parlamentare che il partito sperava di ottenere.
La proiezioni ricavate dai primi risultati ufficiali dello spoglio elettorale in India, con una quarto dei voti già contati ufficialmente, mostrano l'alleanza Nda, guidata dal premier Modi, in testa con circa 300 seggi (39,3% dei voti), mentre l'opposizione ne avrebbe circa 200. Se questo trend verrà confermato, il risultato per il partito del Congresso e per le altre formazioni all'opposizione sarà migliore di quanto predetto nei giorni scorsi dagli exit polls. I portavoce del Bjp continuano ad affermare che l'alleanza Nda sarà ampiamente in grado di formare il prossimo governo; secondo alcuni reporter presenti, nel quartier generale del partito si starebbe diffondendo una certa cautela. Il partito di Modi, a sorpresa, sembra avviarsi a pesanti perdite negli Stati dell'Uttar Pradesh, Haryana e Rajasthan. La vittoria insomma non sembra annunciarsi così piena come auspicato da Modi, che puntava a 400 seggi: nel 2019 il solo Bjp aveva raccolto 303 seggi, 353 con gli alleati. Questa volta invece il Bjp non supererà la soglia dei 272 voti da solo e dipenderà quindi dagli alleati per formare il governo. L'opposizione India guidata dal Partito del Congresso starebbe in vantaggio in circa 230 seggi. "Gli elettori hanno punito la protervia del Bjp": ha detto Rahul Gandhi in una affollatissima conferenza stampa, nel quartier generale del Partito del Congresso, mentre all'esterno centinaia di militanti festeggiano il risultato con bandiere, canti e tamburi. "Non avevamo mai avuto dubbi sul fatto che gli indiani avrebbero dato la risposta giusta".
Per formare il governo in India è necessario che un singolo partito, o una alleanza, abbiano almeno 272 sui 543 seggi totali del Parlamento.