Kiev. Pace giusta, prigionieri, bambini e cibo: l'Ucraina “chiama” la Santa Sede
Giacomo Gambassi, inviato a Kievlunedì 22 luglio 2024
Il segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, e il premier ucraino Denys Shmyhal durante l'incontro a Kiev
Invoca il «miracolo della tanto desiderata pace» il cardinale Pietro Parolin davanti all’immagine miracolosa della Madonna di Berdychiv, proclamata dai vescovi latini patrona dell’Ucraina. Una pace che «agli occhi di molti può sembrare impossibile» mentre il Paese vive «l’ora buia del Calvario», dice nella Messa che celebra domenica nel santuario mariano a 180 chilometri da Kiev e che è il fulcro spirituale della sua visita di cinque giorni in Ucraina. Parole con cui il segretario di Stato vaticano lascia intendere che al momento non ci sono le condizioni per un dialogo “negoziale” fra Mosca e Kiev e tantomeno per una tregua. Ma «il Papa vuole aiutare ad aprire sentieri che portino a una soluzione della guerra», aggiunge. E lo fa anche inviando il suo primo collaboratore nella nazione invasa per «offrire un piccolo contributo che passa pure dai colloqui politici», afferma Parolin per spiegare la prospettiva diplomatica del suo viaggio. Colloqui al centro della giornata di lunedì 22 luglio e poi della mattinata di martedì 23 luglio quando il cardinale incontrerà il presidente Volodymyr Zelensky.
L'incontro a Kiev fra il segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, e il premier ucraino Denys Shmyhal - Governo ucraino
Il clima che il segretario di Stato trova è quello di particolare «apprezzamento» da parte dei vertici ucraini per l’operato del Papa e della Santa Sede, come sottolinea il primo ministro Denys Shmyhal in una nota diffusa al termine dell’incontro con il porporato. E il premier fa sapere che si è discusso di come arrivare a una «pace giusta» anche con l’apporto vaticano. Non è un caso che venga «ringraziata la Santa Sede per aver partecipato al primo summit della pace e per aver sostenuto le sue decisioni». Lo stesso fa il presidente del Parlamento, Ruslan Stefanchuk, incontrato dal cardinale sempre ieri. Il riferimento è alla presenza dello stesso Parolin al vertice in Svizzera del giugno scorso a partire dal Piano in dieci punti di Zelensky. Conferenza in parte contestata dalla comunità internazionale per il mancato coinvolgimento della Russia, dove la Santa Sede ha rivolto la sua attenzione soprattutto al quarto punto: quello sulla liberazione di prigionieri e deportati, fra cui i bambini trasferiti a forza in Russia dai territori occupati.
L'incontro fra il cardinale Pietro Parolin e il presidente del Parlamento, Ruslan Stefanchuk - Verchovna Rada
Due temi tornati più volte negli appuntamenti di ieri: sia in quello con il premier, sia in quello con il presidente del Parlamento, riferiscono i comunicati ufficiali. Due temi che hanno permesso alla Santa Sede, con il Papa in prima persona, la segreteria di Stato, la rete delle nunziature e la missione di pace del cardinale Matteo Zuppi (citata più volte dal segretario di Stato), di accreditarsi come canale “affidabile” sia a Kiev sia a Mosca: infatti il capo del governo ucraino la definisce nel resoconto conclusivo «partecipazione attiva della Santa Sede» su entrambi i versanti. Anche se le tensioni non mancano. Lo ricorda il presidente del Parlamento quando denuncia le condizioni disumane nelle carceri di Putin e quando spiega che «la Russia non è d’accordo con la creazione di una Commissione medica mista per la determinazione obiettiva delle condizioni mediche dei prigionieri di guerra ucraini» chiedendo un ulteriore pressing sul Cremlino da Oltretevere. Agli incontri il cardinale è accompagnato dal nunzio apostolico, l’arcivescovo Visvaldal Kulbokas, e da monsignor Paul Butnaru, officiale della Sezione per i rapporti con gli Stati della segreteria di Stato.
Il colloquio fra il cardinale Pietro Parolin e il presidente del Parlamento, Ruslan Stefanchuk, con le rispettive delegazioni - Verchovna Rada
C’è comunque «fiducia» da parte ucraina per l’azione vaticana «dopo certe incomprensioni del recente passato», dichiara ad Avvenire l’ambasciatore ucraino presso la Santa Sede, Andrii Yurash, presente ai tavoli di ieri che sono stati «molto utili e importanti». Perché, avverte, «sappiamo che il Papa e la Santa Sede possano aiutare in modo significativo il nostro Paese in un momento così complesso». Come già avviene. Ad esempio, sui ragazzi. Quelli “rubati” dalla Russia ma anche quelli che portano su di sé i traumi del conflitto. Il primo ministro ringrazia per «l’assistenza dei bambini che sono vittime dell’aggressione russa»: implicito il richiamo alle centinaia di piccoli pazienti curati all'ospedale Bambin Gesù di Roma, l'ospedale del Papa per l'infanzia. E il presidente del Parlamento pone l’accento sulle «vacanze estive in Italia». Non solo. Il premier esprime anche «la speranza per la partecipazione della Santa Sede nel ripristino dell’infrastruttura medica», altra emergenza nazionale. Lo confermano gli attacchi agli ospedali di Kiev di due settimane fa, fra cui quello al principale polo pediatrico dell’Ucraina che è stato devastato da un missile e che il cardinale visiterà nella mattinata di martedì 23 luglio.
Il segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, e il premier ucraino Denys Shmyhal durante l'incontro a Kiev - Governo ucraino
Nel colloquio con il capo del governo entra anche la «sicurezza alimentare», dopo la visita di Parolin al porto di Odessa, sabato scorso, “corridoio del grano” per 400 milioni di persone nel mondo. Altra priorità cara all’Ucraina è quella degli aiuti umanitari. Shmyhal ricorda l’impegno ecclesiale su questo fronte. E Stefanchuk ringrazia esplicitamente «papa Francesco» citando anche i carichi «che arrivano attraverso il rappresentante speciale del Papa, il cardinale Konrad Krajewski». Tutte dimensioni di quella diplomazia umanitaria su cui scommette la Santa Sede per favorire «spiragli» di dialogo fra le due capitali, come ripete il segretario di Stato in questi giorni. Il viaggio è anche l’occasione per incontrare il nuovo ambasciatore italiano a Kiev, Carlo Formosa, che ha preso servizio il 1° luglio e che sul social X commenta la missione del cardinale: «Guardiamo con speranza e fiducia alla sua visita, segno di vicinanza all’Ucraina aggredita e simbolo degli sforzi della Santa Sede per una pace giusta e duratura».