Prima li hanno rapiti mentre pregavano in chiesa, strappandoli alle loro famiglie: tutti ragazzini sui 15-20 anni. Poi, li hanno uccisi, a piccoli gruppi. Dapprima è toccato ad un ragazzo, trovato attaccato ad un albero: il suo corpo senza vita era orrendamente mutilato. Quindi è stata la volta di altri sei sequestrati: chi ne ha scoperto i cadaveri ha descritto la scena come la «parodia di una crocifissione», con le vittime legate su assi di legno inchiodati a terra. A compiere la sanguinosa strage sono stati elementi del Lord’s Resistance Army (Lra), un gruppo armato nato nella Uganda del Nord, responsabile di attacchi contro civili nella zona che lambisce Sudan, Repubblica democratica del Congo e la stessa Uganda. È stata questa la drammatica fine di sette cattolici della diocesi di TomburaYambio, nel Sudan meridionale. La denuncia arriva dal vescovo locale, monsignor Eduardo Hiibiro Kussala, che ha raccontato il tragico episodio di violenza che segnala, una volta di più, la drammatica situazione del Sud Sudan alle prese con la recrudescenza di violenza e instabilità sociale sulla quale si innestano i raid dei ribelli ugandesi. A denunciare l’attacco è stato monsignor Kussala: il presule ha raccontato all’istituzione Aiuto alla Chiesa che Soffre che nelle scorse settimane – il rapimento è avvenuto a metà agosto, ma le difficoltà di comunicazioni hanno permesso solo adesso di far conoscere fuori dal Sudan i macabri particolari del blitz che era passato sotto silenzio – un folto gruppo di miliziani dell’Lra ha fatto irruzione nella chiesa di Nostra Signora della Pace nella città di Ezo, sul confine tra Sudan, Repubblica Centrafricana e Congo. A pochi giorni dopo risale il ritrovamento della prima vittima, mentre una settimana dopo è avvenuto il ritrovamento delle altre sei vittime nei pressi della città di Nzara. Alla violenza è riuscito a sfuggire invece un sacerdote, il parroco di Ezo, padre Justin, che ha trovato rifugio in una foresta vicino alla città. Di fronte a questi fatti il vescovo di Tombura- Yambio ha lanciato un appello alla comunità internazionale: «Senza un intervento esterno non sarà possibile fermare le violenze e garantire la sicurezza di donne, bambini e civili innocenti, divenuti il bersaglio di attacchi quasi quotidiani », sottolinea il presule in un’intervista al Sudan Tribune r ilanciata da Misna . «Il governo non può non agire e affrontare il problema dell’Lra. Ci aveva promesso di tenere la situazione sotto controllo, ma vediamo invece qual è la realtà. Chiediamo alla comunità internazionale di fare qualcosa». E parlando con Aiuto alla Chiesa che Soffre il vescovo ha raccontato le tristi condizioni dei suoi fedeli: «La gente viene da me con la sofferenza negli occhi, chiedendomi di fare qualcosa e di riportare a casa i loro figli e nipoti rapiti». Perché nella mani dei miliziani ugandesi restano ancora dieci ragazzini. In risposta al nuovo atto di violenza che ha preso di mira la comunità cattolica, monsignor Kussala ha indetto tre giorni di preghiera e penitenza: all’evento hanno preso parte oltre 20mila fedeli. «Pensavo che potesse venire molta gente, ma sono arrivate il doppio delle persone previste. È stato un incontro impressionante», ha commentato Kussala. La situazione nel Sud Sudan sta progressivamente peggiorando. Secondo alcuni dati dell’Onu, gli attacchi dei ribelli ugandesi nel Sudan meridionale, in particolare negli stati dell’Equatoria occidentale (la regione dove ha sede la diocesi di Tombura-Yambio) e centrale, sono in aumento: tra agosto e settembre sono state 11 le incursioni.