Risale la tensione in Orissa, lo Stato orientale dell’India teatro lo scorso anno della persecuzione anticristiana. Al centro ancora una volta il distretto di Kandhamal, area a forte presenza tribale. Qui, un leader indù che viveva nel villaggio di Radiguma, è stato ucciso l’altra notte da una quindicina di individui che gli hanno sparato dopo averlo assalito. Prabhat Panigrahi era stato scarcerato su cauzione solo il 14 marzo proprio per il suo coinvolgimento nelle violenze anticristiane che hanno interessato il distretto e altre zone nello Stato tra agosto e ottobre 2008. Alla notizia della morte di Panigrahi, elementi locali hanno bloccato le strade tra Kotagada e Rudiguma con tronchi d’albero, ma la tensione è cresciuta successivamente, fino alla dichiarazione di ieri dello sciopero generale da parte dei gruppi indù radicali. La polizia ha aperto la caccia agli assassini, ma ha anche aumentato la propria presenza nel Kandhamal per controllare una situazione che lo scorso anno ha contribuito, con il suo atteggiamento, a rendere ingovernabile per settimane. L’uccisione di due giorni fa ha anche dimostrato la serietà delle minacce rivolte a una quindicina di elementi induisti radicali con buone connessioni politiche che la guerriglia maoista ha da tempo individuato come bersagli da colpire in Orissa perché responsabili dei soprusi contro i gruppi meno favoriti. L’esecuzione, di cui le autorità hanno incolpato i guerriglieri, ma che i suoi seguaci hanno annunciato di ritenere opera di mercenari pagati dai cristiani, rappresenta un atteso quanto indesiderato innesco di nuove tensioni, che molti, a partire dall’arcivescovo di Cuttack-Bhubaneshwar, monsignor Raphael Cheenath, temevano proprio in vista delle elezioni. Il voto per il governo locale dell’Orissa si terrà contemporaneamente a quello per il rinnovo della Camera dei deputati nel Parlamento nazionale a partire dal 16 aprile. Il ruolo di guida locale del Rashtriya Swayamsevak Sangh (Movimento per l’autodifesa della nazione), gruppo assai influente dell’induismo nazionalista e xenofobo, spalla delle istanze politiche del Bharatiya Janata Party e dei suoi alleati nella coalizione oggi all’opposizione a Delhi, rischia di fare di Panigrahi un martire della causa dell’«induità». Il Bharatiya Janata Party, che da poche settimane è stato costretto ad abbandonare la coalizione di governo nello Stato, ha già fatto dell’uccisione di Swami Laxmananda Saraswati, all’origine delle violenze dello scorso anno, parte della sua campagna elettorale e potrebbe puntare anche sul nuovo omicidio per polarizzare i voti indù. A temere le conseguenze della nuova uccisione, dopo le violenze dello scorso anno che hanno fatto una settantina di morti e costretto inizialmente 50mila abitanti dei villaggi alla fuga, le minoranze religiose, ma anche la maggioranza di indiani che nell’Orissa appartiene al mondo tribale o ai numerosi gruppi che alimentano storicamente l’area dell’«intoccabilità » nel sistema delle caste. Una casa devastata dagli estremisti indù nell’Orissa (Ap)