Nuovo esodo di cristiani iracheni dal Paese dopo la strage nella cattedrale di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso di Baghdad. «A causa dell’attacco del 31 ottobre (che causò la morte di 57 cristiani, ndr) e dei successivi attentati contro i cristiani, molti fedeli delle comunità di Baghdad e di Mosul hanno dato inizio a un lento ma costante esodo». È questa la denuncia di Melissa Fleming, portavoce dell’Alto Commissariato Onu per i rifugiati. «Sono almeno un migliaio le famiglie che sono giunte nel Kurdistan iracheno, nel nord del Paese, dall’inizio di novembre» ha proseguito la rappresentante dell’Unhcr, intervenuta ieri da Ginevra. Del resto questa rinnovata fuga a seguito di un massacro anticristiano non è, purtroppo, isolato. Lo evidenziava il New York Times in un articolo in prima pagina nei giorni scorsi dedicato al dramma dei cristiani iracheni. Nell’ottobre 2008, dopo un’ondata di 14 assassinii, oltre 4mila cristiani fuggirono dal Paese. Nel febbraio scorso 4mila ripararono nella piana di Ninive e in Siria dopo una serie di 10 omicidi. Melissa Fleming, alto funzionario Onu per i rifugiati, ha dunque stigmatizzato l’atteggiamento del governo svedese che nei giorni scorsi ha espulso venti rifugiati iracheni: «Tra di loro vi erano cinque cristiani originari proprio della capitale irachena».Anzi, la Fleming ha specificato anche che l’ufficio Onu per i rifugiati ad Amman, in Giordania, ha preso in carico il caso di un cristiano iracheno, scampato al massacro del 31 ottobre, che si è visto espulso dalla Svezia. Per questo motivo il Commissariato Onu è tornato «a chiedere con forza» ai diversi Stati occidentali «di non espellere gli iracheni che provengono dai luoghi più a rischio del Paese». E le cifre parlano di diminuzioni costanti: oggi i cristiani nell’ex feudo di Saddam Hussein sono meno di mezzo milione quando contavano 1,2 milioni nel 2003; a Mosul restano solo 5mila cristiani dei 50mila di un tempo. «I nostri uffici nei Paesi vicini all’Iraq (Siria, Giordania, Libano) constatano un numero crescente di cristiani iracheni che arrivano e cercano di venir registrati come rifugiati » ha scandito la Fleming, aggiungendo che «le chiese e le organizzazioni non governative ci hanno messo in guardia contro l’arrivo di nuovi profughi nelle prossime settimane». E non è solo la Svezia ad essere criticata dal Commissariato Onu: anche Olanda, Norvegia e Gran Bretagna sono state messe sotto osservazione perché non rispediscano al mittente i cristiani che fuggono dall’Iraq. «La nostra convinzione – ha ribadito la Fleming – è che i richiedenti asilo iracheni delle provincie di Baghdad, Diyala e Kirkuk debbano continuare a beneficiare di una protezione internazionale e dello statuto di rifugiati». Intanto anche dall’amministrazione americana arriva una netta presa di posizione contro gli attacchi ai cristiani d’Iraq. Il vicepresidente Joe Biden, intervenendo al Consiglio di sicurezza dell’Onu di questa settimana, ha evidenziato che «gli attacchi degli estremisti rimangono un aspetto inaccettabile della vita quotidiana in Iraq». Per questo gli Stati Uniti, ha rimarcato Biden, «sono particolarmente preoccupati dei recenti attacchi verso innocenti a motivo della loro fede, sia cristiani che musulmani ». Tra gli ultimi fatti di violenza anticristiana, il rapimento di una studentessa a Mosul e l’omicidio mirato di due cristiani nella capitale Baghdad.