Mondo

Solidarietà globale. In Africa non solo Covid. «Effetti indiretti tragici»

Paolo M. Alfieri domenica 18 ottobre 2020

L’ospedale di Tosamaganga, in Tanzania, in cui è attivo il personale Cuamm

«Essere medico in Africa ti insegna soprattutto il “senso del limite”. Ti espone alla gestione dell’incertezza con risorse, mezzi diagnostici e curativi spesso limitati e, in qualche modo, questo ti stimola a generare risorse interiori diverse e a trovare soluzioni pratiche inaspettate. L’esplosione della pandemia ha sicuramente rafforzato il nostro mandato di promuovere la salute globale e del prendersi cura di tutti, specialmente dei più vulnerabili, per garantire la salute di tutti».

Lo spiega così, il dottor Giovanni Putoto, il senso di una vita che lo ha portato a confrontarsi con le emergenze del mondo. Dall’Uganda al Kosovo, dal Ruanda alla lotta contro l’ebola, e poi la nuova grande battaglia del coronavirus in Etiopia e in altri Paesi, da responsabile Programmazione e Ricerca operativa dell’Ong italiana Medici con l’Africa Cuamm, che a novembre festeggerà 70 anni di storia al servizio dei più deboli.

In Africa il numero di contagiati da coronavirus è pari al 4% della popolazione e oltre il 50% dei casi riguarda il solo Sudafrica. Ma, spiega Putoto, «questi dati vanno presi con cautela, almeno per due motivi: la capacità di fare test è molto limitata (in Etiopia ad aprile la capacità di test era in media di 800 al giorno, ora di 20mila tamponi, mentre in Italia ci aggiriamo attorno ai 100mila tamponi al giorno): inoltre il sistema di notifica delle morti non avviene con sistemi anagrafici attendibili: le nascite, le morti e le cause di morte sono registrate/notificate solo nel 15% della popolazione».

La risposta del sistemi sanitari locali alla pandemia è stata diversificata. «Si passa da Paesi che hanno applicato lockdown molto rigidi come Angola e Uganda a Paesi come la Tanzania dove le misure sono state molto più blande nella fase acuta (metà marzo) per poi sparire completamente – osserva Putoto –. A livello sanitario gli sforzi hanno avuto il duplice obiettivo di dare continuità ai servizi di base, proteggendo il personale sanitario e mettendo in sicurezza le strutture ospedaliere, formazione sulla prevenzione e dotazione di materiale protettivo e presidi di screening e allo stesso tempo di contenimento dell’epidemia con azioni di prevenzione e di fornitura di servizi a livello comunitario». In questo ambito l’impegno iniziale di Medici con l’Africa Cuamm è stato quello di sostenere i 23 ospedali in cui l’Ong opera e molti altri centri di salute, sia attraverso la formazione del personale sanitario che con la fornitura di attrezzature e il rafforzamento delle misure di prevenzione.

il dottor Giovanni Putoto - /

«In Mozambico – spiega Putoto – il Cuamm ha potuto contare sulla rete di 500 attivisti comunitari già impegnati in attività di lotta dell’Hiv e promozione della salute materno- infantile per la promozione di misure di prevenzione del Covid; al Nord, presso Cabo Delgado, è nata una collaborazione con il Consiglio islamico della città che ha permesso al Cuamm di diffondere messaggi di prevenzione anti-Covid usando gli amplificatori dei minareti. In Etiopia assieme all’Oms abbiamo predisposto un intervento per rafforzare la prevenzione e il controllo nel corridoio occidentale dei trasporti tra Gambella e Addis Abeba: distribuzione materiali protettivi, riabilitazione di piccole strutture igienico sanitarie e rafforzamento dei centri di isolamento e nei punti di accesso dello screening dei migranti».

Secondo l’esperto, è cruciale rafforzare il sistema sanitario locale e promuovere l’accesso ai servizi di base di qualità «La cooperazione rimane fondamentale contro il coronavirus»

L’impegno del Cuamm, anche a medio e lungo termine, rimangono il rafforzamento del sistema sanitario e la promozione dell’accessibilità ai servizi sanitari di base di qualità, in modo da proteggere la popolazione più fragile duramente colpita dagli effetti indiretti della pandemia. Tra questi, sottolinea Putoto, si prevede l’aumento «del 60% della mortalità materna, del 23% della malnutrizione, del 10-20% della mortalità da tubercolosi, del 30% delle vittime di malaria, del 5-10% di morti per Hiv». «Questi effetti indiretti – continua Putoto – possono essere dovuti sia al fatto che la popolazione per paura, mancanza di mezzi, lockdown non accede ai servizi sanitari essenziali sia per il fatto che il sistema sanitario ha dovuto gestire la pandemia e divergere i fondi su prevenzione da Covid-19». D’altronde anche gli effetti economici e sociali della pandemia in Africa sono devastanti e il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo è a rischio.

«È già accaduto in passato che le emergenze abbiano drenato risorse per altri interventi – ricorda Putoto –. Nella Repubblica democratica del Congo, mentre il Paese era impegnato nella lotta contro l’ebola, si stima siano stati circa 7mila i bambini morti in 24 mesi per morbillo proprio a causa delle risorse limitate, tutto a scapito delle campagne di vaccinazione. Ora in 27 Paesi la campagna di vaccinazione è stata annullata e nella sola Repubblica Centrafricana sono 19.600 i casi registrati di morbillo». Anche per questo il mondo non può voltarsi dall’altra parte. «La cooperazione internazionale è fondamentale per rispondere alla pandemia – conclude Putoto –. Il Papa sta promuovendo a livello globale la cancellazione del debito per i Paesi africani, soprattutto per quei Paesi che hanno scarse possibilità di utilizzare strumenti finanziari e di protezione economica e sociale. Una cosa abbiamo di certo imparato: nessuno si salva da solo».