Coronaviru. Africa: il virus ha smesso di correre. «Ora bisogna riaprire le scuole»
Un gruppo di studenti in Nigeria. L’Oms ha chiesto che il sistema educativo riprenda a funzionare in tutto il Continente
In Africa il peggio sembra passato. La risposta determinata, rapida ed efficace da parte delle autorità ha evitato che la pandemia di coronavirus si espandesse come nel resto del mondo. Sebbene sia comunque difficile avere un’idea precisa della situazione attuale, gli esperti sono cautamente ottimisti. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), infatti, è ora che i governi africani riaprano le scuole dotandosi di alcune precauzioni.
«Solo sei su 39 Paesi africani da noi contattati hanno riaperto pienamente le scuole», ha dichiarato settimana scorsa il dottor Matshidiso Moeti, direttore regionale per l’Africa all’Oms. «Circa una decina di Stati, incluso il Sudafrica, ha invece programmato una riapertura parziale dell’anno scolastico a settembre. È una scelta molto difficile – ha continuano Moeti –, ma dobbiamo trovare il giusto equilibrio rispetto ai rischi di essere contagiati o di togliere l’opportunità ai nostri bambini di studiare ».
Le preoccupazioni riguardano i bambini anche quando sono assenti da scuola. «Gli alunni a casa possono più facilmente subire violenze, sentirsi isolati, o essere vittime di gravidanze precoci – afferma Mohamed Fall, funzionario dell’Unicef –. Il rischio di far arretrare i nostri figli socialmente e scolasticamente deve essere preso sul serio». Nel Paese africano maggiormente colpito dal Covid-19, il Sudafrica, si parla di un possibile superamento del picco. Dopo oltre 613mila contagi e più di 13mila decessi, ma anche 520mila guariti, il presidente sudafricano, Cyril Ramaphosa, ha tolto numerose restrizioni. «Il numero di contagi quotidiani è sceso da 12mila a una media di 5mila negli ultimi giorni – ha detto Ramaphosa –. Ci sono finalmente segni di speranza rispetto a un miglioramento della situazione nel nostro Paese». Il Sudafrica ha visto la situazione della sua economia aggravarsi notevolmente negli ultimi cinque mesi.
Le autorità hanno introdotto dure misure per far fronte al virus. Dal divieto di comprare alcol e tabacco, alla chiusura delle frontiere interne e esterne, all’obbligo di portare sempre mascherine, fino alla chiusura di molti istituti privati e pubblici. Dopo aver passato la soglia di un milione di casi il 6 agosto, il Continente ha visto un costante ma pur sempre lento aumento di contagi rispetto ai mesi passati. «Qui il governo si è comportato molto bene a mio parere», spiega ad AvvenireMaria Laura Mastrogiacomo, dottoressa italiana residente in Senegal dagli anni Ottanta dove il Covid-19 ha registrato 13mila contagi, 275 morti e quasi 9mila guariti. «C’è stato un periodo iniziale di misure drastiche per contenere e comprendere l’evoluzione del virus. In seguito – continua Mastrogiacomo –, le autorità hanno saputo mantenere il difficile equilibrio tra le necessità per affrontare l’epidemia e le misure per permettere alle attività economiche, in gran parte informali, di rimanere aperte.
Si sono evitate quindi rivolte della popolazione ». In Camerun (19mila casi e 410 decessi) gli epidemiologi dell’organizzazione umanitaria, Medici senza frontiere (Msf), spingono per un ritorno alla cura di tutte le epidemie dopo mesi in cui le risorse sanitarie venivano usate soprattutto per il coronavirus. «Stiamo effettuando test diagnostici rapidi per capire al meglio la trasmissione del Covid-19 tra le comunità – afferma Yap Boum, a capo del dipartimento epidemiologico di Msf nella capitale camerunese, Yaounde –. Ora dobbiamo però iniziare e integrare la risposta alla pandemia con le cure anche di altre epidemie in corso in Africa, ugualmente pericolose».
Altre epidemie in corso in alcuni Stati africani come colera, ebola, e morbillo, stanno coinvolgendo migliaia di persone. Nella Repubblica democratica del Congo è stata invece dichiarata «praticamente finita» la più grande epidemia di morbillo al mondo. «Oltre 7mila bambini sono morti negli ultimi dieci anni con un aumento radicale di decessi nel giugno del 2019 – ha affermato ieri Eteni Longondo, il ministro della salute congolese –. Oltre al coronavirus stiamo combattendo epidemie come ebola, colera, poliomielite derivata dai vaccini e peste bubbonica».