Stati Uniti. La barriera costa 3 milioni di dollari al miglio
Il muro tra Messico e Usa è lungo circa 1.100 chilometri (Ansa)
Al di là della retorica, il muro tra Stati Uniti e Messico esiste già. Cominciato nel 1993-1994 – durante l’Amministrazione di Bill Clinton – , “the Border Fence”, come lo chiamano, blinda un terzo dei 3.185 chilometri di frontiera. Una serpentina scura si estende dalla spiaggia di Tijuana verso Tecate e Mexicali.
Come una cicatrice, si fa largo tra deserti e altipiani, per poi procedere a zig zag verso est. Non si tratta di una struttura unitaria. Bensì di una serie di barriere costruite un tratto alla volta, con materiali differenti: muratura o metallo o addirittura a volte la barriera è solo virtuale. Negli ultimi 23 anni, i vari inquilini alla Casa Bianca hanno varato tre successive operazioni di ampliamento: Gatekeeper (la prima in California), Hold-the-Line (in Texas) e Safeguard (in Arizona).
La più nota all’opinione pubblica è Gatekeeper che, con i primi 22 chilometri, ha “spezzato” il cordone ombelicale tra la messicana Tijuana e la gemella statunitense San Diego. Buona parte di quel segmento iniziale è stato realizzato con le placche metalliche impiegate nella guerra irachena. Ogni segmento, alto tre metri, è dotato di una serie di sensori e camera di vigilanza. Questo spiega l’elevato costo della struttura: secondo dati ufficiali Usa del 2009, per ogni miglio (1,6 chilometri) sono stati sborsati tra 2,8 e 3,9 milioni di dollari.
L’imponente sistema non ha frenato, però, nè il flusso irregolare di esseri umani nè tantomeno quello di droghe. L’Agenzia antinarcotici Usa ha più volte avvertito che lo spaccio negli States è in mano ai narcos messicani. Il muro ha, invece, aumentato i rischi per i migranti, costringendoli a scegliere rotte più remote per sfuggire ai controlli. Nei primi vent’anni dalla sua costruzione, sono morti almeno 8mila irregolari. Nei 30 anni del muro di Berlino, le vittime sono state tra 200 e 500.