Iran. Chi è il presidente Pezeshkian: il vedovo critico sulla repressione delle donne
Il vincitore delle elezioni iraniane Massud Pezeshkian
È stato l'unico candidato vicino al campo riformista ammesso dal Consiglio dei Guardiani, l'organo preposto al vaglio delle candidature. Una sorpresa per gli iraniani, molti dei quali hanno ritenuto la sua ammissione come una foglia di fico del regime, funzionale alla sola speranza di motivare l'elettorato più sfiduciato a recarsi alle urne. Chirurgo cardiovascolare di professione, Pezeshkian è nato 69 anni fa a Mahabad, nella provincia dell'Azerbaijan occidentale, da un padre di etnia azera e una madre curda.
Per questo motivo egli ha sempre difeso i diritti delle minoranze etniche presenti in Iran e a promuovere l'insegnamento della lingua azera nelle scuole. Nulla di strano se a votarlo ieri in massa sono state le province occidentali del Paese in cui queste due minoranze sono particolarmente concentrate. Pezeshkian è diventato noto in tutto il Paese per aver cresciuto da solo i suoi tre figli in seguito a un incidente automobilistico che nel 1993 ha provocato la morte di sua moglie e di una figlia. Tra il 2001 e il 2005, ha servito come ministro della Salute durante il secondo mandato del presidente Mohammad Khatami, cercando di riformare i servizi sanitari nelle campagne, mentre dal 2008 ha rappresenta in diverse legislature la circoscrizione di Tabriz al Majils, il Parlamento iraniano. Pezeshkian ha alle spalle due precedenti tentativi di candidatura alle presidenziali.
Nel 2013 si è ritirato alle ultime fasi della corsa a favore di Hashemi Rafsanjani, mentre nel 2021 la sua candidatura è stato bocciata dal Consiglio dei Guardiani, alla stregua di diverse candidature del campo riformista. In questa tornata, ha ricevuto l'endorsement sia di Khatami (che alle parlamentari di marzo aveva invece invitato al boicottaggio) che dell'ex presidente moderato Hassan Rohani. Lo ha sostenuto con forza anche l'ex ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif. Pezeshkian parla piano e si esprime con parole semplici ma senza mezzi termini.
Uno stile, questo, che sicuramente ha sedotto i più giovani, le donne, oltre alle minoranze etniche. In più occasioni, non ha risparmiato critiche esplicite al regime. Così quando, insieme ad altri politici riformisti, ha criticato la repressione poliziesca del movimento “Donna, vita, libertà!” dopo le imponenti proteste del 2022- 2023, innescate dall'uccisione della giovane curda Mahsa Amini da parte della polizia morale perché non indossava bene il velo islamico. «Il comportamento del regime – ha detto in un'intervista alla tv di Stato – sta spingendo i giovani a odiare l’islam. È necessario ridiscutere i nostri metodi, non si può imporre la fede con la forza».
Altrettanto note sono le sue critiche al governo durante la pandemia di Covid-19, accusato di fornire numeri “non reali”. Su un altro versante, Pezeshkian ha addebitato la crisi economica in Iran all’isolamento internazionale del Paese.
Nei dibattiti televisivi che hanno preceduto le due tornate elettorali, ha fatto intendere che avrebbe cercato in caso della sua elezione di raggiungere un compromesso con gli Stati Uniti sul ripristino dell’accordo sul nucleare e la revoca delle «sanzioni catastrofiche» contro l'Iran. È impossibile – ha spiegato in uno di questi dibattiti – raggiungere una crescita dell’8 per cento» senza ristabilire normali relazioni economiche con gli altri Paesi, compreso l’Occidente.
«Eludere le sanzioni – ha aggiunto – è possibile, ma alcuni si arricchiscono in tal modo», alludendo alle cerchie vicine al regime, accusate di arricchirsi commerciando con l'estero.