Il rapporto. L’Onu: precipitati nella povertà oltre cento milioni di lavoratori
Operai disinfettano il cortile di una fabbrica a Chennai in India
La grafica scelta dall’Organizzazione internazionale per il lavoro (Ilo) per impaginare il rapporto sugli effetti che la pandemia ha avuto (e avrà) sul mondo dell’occupazione sintetizza in modo inequivocabile i risultati dell’indagine su 189 Paesi: tabelle e diagrammi sono in evidenza sullo sfondo di una lastra in frantumi, una superficie desolatamente rotta.
Lo scenario che l’agenzia Onu per il lavoro prospetta per il 2021 è infatti drammatico: entro l’anno, la crisi innescata a livello globale dal Covid farà precipitare nella povertà altri 108 milioni di lavoratori in tutto il mondo rispetto al 2019. «Azzerando cinque anni di progressi». Il peggio è che la situazione potrebbe non migliorare prima del 2023.
«Il Covid-19 – ha spiegato Guy Rider, direttore generale dell’Ilo – non è stato soltanto una crisi sanitaria ma anche occupazionale e umana». Nasce da qui l’appello ad «accelerare la creazione di posti di lavoro dignitosi, a sostenere le persone più vulnerabili della società, a rilanciare i settori economici più duramente colpiti» attraverso una «strategia globale e coordinata». Il rischio, avverte, «è che gli effetti della pandemia possano restare tra noi per anni, sotto forma di perdite di potenziale umano ed economico, maggiore povertà e disuguaglianza».
Le statistiche elaborate negli uffici di Ginevra dai tecnici dell’organizzazione rivelano che nella prima metà del 2021 gli effetti della crisi innescata dal coronavirus sono stati particolarmente vistosi in America Latina, Caraibi, Europa e Asia centrale. Il blocco delle attività produttive sembra poi aver colpito soprattutto donne e giovani. Nel 2020, l’occupazione femminile è diminuita del 5%, rispetto al 3,9% di quella maschile; il lavoro giovanile si è invece contratto dell’8,7%, rispetto al 3,7% degli adulti.
Il coronavirus, in sostanza, ha esasperato vecchie disuguaglianze. Pesanti anche le conseguenze su personale poco qualificato e addetti alle attività “informali” che, in genere, non sono tutelati da adeguate misure di protezione sociale.
L’Ilo prevede che l’occupazione mondiale comincerà a recuperare nella seconda metà dell’anno, a condizione che, ovvio, che la situazione pandemica non peggiori. La ripresa, tuttavia, non sarà omogena a causa della iniqua distribuzione dei vaccini. Nei Paesi in via di sviluppo, economicamente fragili anche prima dell’arrivo della pandemia, la ripartenza sarà limitata dall’assenza di stimoli sufficienti. In questi Paesi, in ogni caso, la qualità degli impieghi peggiorerà.