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Crisi. Il “viaggio di pace” a Kiev e Mosca per far dialogare Kirill e le Chiese ucraine

Giacomo Gambassi venerdì 19 maggio 2023

A Mosca l'incontro fra il patriarca russo Kirill e la delegazione del Consiglio ecumenico delle Chiese che ha promosso una missione a Kiev e Mosca

Più che una “doppia” visita, è un unico pellegrinaggio nel segno della riconciliazione fra le Chiese in due tappe: a Kiev e a Mosca. Il sogno di papa Francesco di andare nelle capitali dei due Paesi in guerra che il Pontefice ha annunciato ma che ancora non si è concretizzato ha come un’anteprima nel viaggio di pace fra Ucraina e Russia che sta compiendo in questi giorni il pastore presbiteriano sudafricano Jerry Pillay, segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec). Un’iniziativa promossa dall’organismo che raccoglie oltre trecento denominazioni cristiane, comprese le maggiori realtà ortodosse e protestanti. Il viaggio arriva a due mesi dall’incontro fra il Papa e Pillay. Però, rispetto al progetto di Francesco, il piano del Cec ha alcune differenze. Se il Pontefice ha sempre detto di voler essere a Mosca e poi a Kiev, il gesto del segretario generale e della piccola delegazione che lo accompagna ha un cronoprogramma inverso: la sosta iniziale è stata la scorsa settimana nella metropoli ucraina; e adesso è in corso la visita a Mosca. Poi l’agenda del Cec verte sui colloqui di stampo ecclesiale, senza prevedere - come potrebbe accadere con il Papa - incontri con i leader dei due Stati, Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky.

La delegazione del Consiglio ecumenico delle Chiese nel monastero delle Grotte a Kiev che è al centro di un braccio di ferro religioso e politico - World Council of Churches

È quindi una missione religiosa quella del Cec con l’obiettivo di riavvicinare le Chiese che le bombe hanno diviso. Una fattura dentro il mondo cristiano dove si intrecciano la “benedizione” e il sostegno del patriarca di Mosca, Kirill, all’aggressione russa, e poi il braccio di ferro fra le autorità di Kiev e la Chiesa ortodossa ucraina che ha le sue radici nel patriarcato di Mosca e che è accusata di collaborazionismo. Proprio Kirill ha appena incontrato la delegazione del Cec. «Abbiamo discusso l’impegno della Chiesa ortodossa russa nel dialogo sulla guerra, anche per quanto riguarda le profonde divisioni nella famiglia ortodossa», spiega Pillay che al patriarca ha indicato la «necessità di porre fine al conflitto» e ha proposto una «tavola rotonda» fra le Chiese. Idea su cui Kirill si è dichiarato freddo «a causa delle radicate influenze esterne». E ha aggiunto che «la nostra Chiesa si è subito impegnata nell’opera di riconciliazione delle parti». Poi ha fatto sapere che «siamo in costante contatto e dialogo con la Chiesa cattolica romana». Come a dire che non sono stati interrotti i rapporti con il Papa. Dure le parole sulla situazione della Chiesa ortodossa ucraina legata al patriarcato di Mosca che, ha affermato Kirill, è «soggetta a fortissime repressioni e restrizioni» anche attraverso «gruppi scissionisti» che «hanno ricevuto il sostegno del patriarca di Costantinopoli». Il riferimento è alla Chiesa ortodossa dell’Ucraina che si è staccata da quella “madre” e che è stata riconosciuta da Bartolomeo nel 2018.

A Mosca l'incontro fra il patriarca russo Kirill e la delegazione del Consiglio ecumenico delle Chiese che ha promosso una missione a Kiev e Mosca - patriarchia.ru

Le due Chiese in Ucraina sono protagoniste di uno scontro dove, complice la guerra, è entrato anche l’elemento politico. Con la Chiesa di matrice moscovita finita nel mirino di Zelensky (che la vuole bandire per legge), dei servizi segreti (che stanno indagando o sacerdoti) e delle rivolte popolari (che cacciano i preti “russi” dalle parrocchie); e con l’altra favorita dallo Stato come esempio di Chiesa nazionale e che ha chiesto di entrare nel Consiglio ecumenico.

A Kiev l'incontro fra il patriarca della Chiesa ortodossa dell'Ucraina, Epifanijm e la delegazione del Consiglio ecumenico delle Chiese che ha promosso una missione a Kiev e Mosca - World Council of Churches

I rappresentanti del Cec hanno incontrato a Kiev i vertici delle due comunità che, si evidenzia, hanno «espresso la volontà di impegnarsi nel dialogo». Emblema delle tensioni ecclesiali è il monastero delle Grotte di Kiev, Pechersk Lavra, cuore dell’ortodossia slava, dal quale il governo ha deciso di espellere i religiosi della Chiesa legata al patriarcato di Mosca. «Il ministro della cultura ci ha assicurato che non ci saranno rimozioni forzate», dice il vescovo evangelico tedesco Heinrich Bedford-Strohm, al seguito del segretario generale. E spiega di aver avuto dalla Chiesa sotto scacco «condanne nette dell’aggressione» e la rassicurazione dell’«indipendenza da Mosca».

A Kiev l'incontro fra i vertici della Chiesa ortodossa ucraina, che ha le sue radici nel patriarcato di Mosca, e la delegazione del Consiglio ecumenico delle Chiese - World Council of Churches

Nelle due nazioni l’elemento religioso è ormai un appiglio per silenziare i nemici interni. A Mosca il tribunale ecclesiastico ha esiliato il sacerdote del distretto di Ljublino, padre Ioann Koval, per aver sostituito la parola “vittoria” con “pace” nella preghiera per la Santa Rus’ composta da Kirill a settembre. D’origine ucraina, si è ritrovato sotto processo come prete “dissidente” ed è stato chiamato a rispondere di disobbedienza. Negli stessi giorni in Ucraina il metropolita Ioasaf, della Chiesa ortodossa di matrice moscovita, è stato condannato a tre anni di carcere come collaborazionista: fra le accuse quella di essere stato in costante contatto con Kirill e di aver giustificato l’invasione russa. Gli addebiti di collateralismo sono alimentati anche da ciò che è accaduto a Berdyansk, città occupata dalle truppe del Cremlino che si affaccia sul mare d’Azov: il clero della locale diocesi che si trova nella regione di Zaporizhzhia ha chiesto di passare sotto Kirill e quindi di entrare a far parte del patriarcato di Mosca. Richiesta che è stata accettata dalla Chiesa ortodossa russa. Ma, come annota Peter Anderson sul sito Il Sismografo, non è la prima volta che Mosca assorbe una diocesi ucraina dall’inizio della guerra.